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Migranti, Ungheria fa marcia indietro: “Non rifiuteremo l’ingresso ai profughi”

Il 23 giugno Budapest aveva annunciato l'intenzione di “congelare” l'adesione alla convenzione di Dublino, ma il ministro degli esteri ha smentito dicendo che il suo Paese rispetterà tutte le leggi comunitarie
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Marcia indietro dell’Ungheria sull’idea di sospendere l’accoglienza per i richiedenti di asilo politico. Il 23 giugno il governo aveva annunciato l’intenzione di “congelare” la sua adesione alla convenzione di Dublino, che regola appunto i termini di asilo politico per i rifugiati perché “il sistema è ormai sovraccarico di richieste”. Appena 24 ore dopo l’esecutivo è tornato sui propri passi e il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha spiegato che il Paese rispetterà tutte le leggi comunitarie. Lo stesso Szijjarto il 17 giugno aveva annunciato: “Costruiremo un muro ai confini con la Serbia per tenere fuori i migranti”.

La nuova sfida alle regole Ue era giunta a pochi giorni di distanza dall’annuncio del governo nazionalista del premier Viktor Orbán di un piano per la costruzione di un muro lungo il confine con la Serbia per impedire l’accesso di immigrati illegali. Secondo le autorità ungheresi, quest’anno avrebbero fatto ingresso illegalmente nel Paese oltre 60mila migranti. “L’Ungheria ha usato tutte le capacità a sua disposizione”, aveva affermato un portavoce del governo. “La situazione – aveva aggiunto – richiede di agire in fretta; in questa escalation l’Ungheria deve muoversi un passo avanti alle decisioni della Ue”.

Il progetto del muro rimane in piedi, ma è arrivato il dietrofront sul niet all’accoglienza dei profughi. A fare pressing su Budapest è stata anche l’Austria, che nella mattinata del 24 giugno ha convocato l’ambasciatore ungherese per chiedere spiegazioni e ha chiesto alla Commissione europea di verificare se la decisione dell’Ungheria violasse i trattati comunitari.

Ma l’emergenza migranti sta scuotendo tutta l’Europa. A Calais, in Francia, immigrati hanno tentato di passare il tunnel della Manica, per entrate in Gran Bretagna, aggrappandosi ai Tir fermi per via di uno sciopero dei dipendenti portuali francesi. Adesso la situazione sta tornando alla normalità, ma nel porto di Calais sono più di tremila i richiedenti asilo che vivono accampati da aprile. Situazione questa, considerata catastrofica dagli operatori umanitari, che il premier britannico David Cameron ha definito come “scene inaccettabili di caos”, riferendosi soprattutto ai profughi aggrappati sotto ai tir. I richiedenti asilo, ha continuato, dovranno essere identificati, anche attraverso le impronte digitali, ma “di questo dovrà occuparsi soprattutto l’Italia”, primo Paese dell’Unione europea in cui arrivano i migranti.

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