Commissariare l’appalto per il Cara di Mineo, per il quale è indagato il sottosegretario Giuseppe Castiglione. E’ la richiesta inviata al prefetto di Catania dall’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Canton, ritenendo irregolari le procedure d’affido. Spetta ora al prefetto la decisione di commissariare, ma le implicazioni politiche del caso si irradiano verso i piani alti della politica nazionale arrivando fino a Palazzo Chigi.

L’appalto per la gestione del centro di assistenza rifugiati e richiedenti asilo più grande d’Europa, già al centro dell’inchiesta della Procura di Roma su Mafia Capitale, getta la propria ombra lunga sul governo: il 5 giugno Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura ed esponente del Nuovo Centrodestra, figurava tra i sei indagati per turbativa d’asta nell’inchiesta della Procura di Catania sull’appalto per la gestione del Centro. La notizia, anticipata dal quotidiano La Sicilia di Catania, trovava riscontro nel decreto con il quale i carabinieri perquisivano gli uffici comunali di Mineo. I pm di Catania, che sull’inchiesta lavorano in coordinamento con i colleghi di Roma, ipotizzano che gli indagati “turbavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014”.

“Poco meno di un’ora fa ho notificato l’apertura del procedimento per l’iter di commissariamento dell’appalto alle cooperative coinvolte in Mafia Capitale per la gestione di alcuni servizi al Cara di Mineo”, annunciava Cantone l’8 giugno a Otto e mezzo su La7. Ma il presidente dell’Anac aveva più volte segnalato al ministero del’Interno i propri dubbi sulla gara. Il 27 maggio, come anticipato dal Fatto Quotidiano, Cantone scriveva al ministro Angelino Alfano una lettera in cui definiva illegittimo l’appalto vinto nell’aprile del 2014 da un raggruppamento di imprese che comprende La Cascina. “Tale problematica sarà sottoposta da Anac al giudice contabile per eventuali profili di danno erariale”, scriveva ancora il presidente dell’Anac. Tutto inizia il 25 febbraio quando Cantone firma un parere sulla gara vinta dal consorzio. La gara sembrava ritagliata su misura del consorzio che già gestiva il Cara, quindi – scrive Cantone – è “illegittima” perché “in contrasto con i principi di concorrenza, proporzionalità, trasparenza, imparzialità e economicità”.

Ma il Viminale non muoveva un dito. Anzi. Il 25 marzo davanti ai parlamentari del Comitato Schengen il prefetto Mario Morcone difendeva l’operato dei gestori del centro: “Ho qualche dubbio sulla decisione del presidente Cantone. (…) A noi hanno detto sempre che il general contractor (come quello scelto da Odevaine e compagni per il Cara di Mineo, ndr) era la soluzione e che si risparmiava e ora improvvisamente per un contratto del 2013 si è stabilito che è stata impedita la partecipazione alle piccole e medie imprese. A certe situazioni bisogna fare attenzione, perché ci sono sicuramente aspetti di opacità, ma anche tanta gente per bene”, concludeva il prefetto. Così, il 6 maggio, Cantone prendeva di nuovo carta e penna e ribadiva per iscritto il proprio parere al consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza: la gara è illegittima. Ma il 15 maggio Giovanni Ferrera, direttore generale del consorzio, firmava e pubblicava la determina che confermava l’appalto da 100 milioni. Tutto questo senza che il ministero dell’Interno proferisse parola.

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