“Dobbiamo essere chiari: questi fatti in altri Paesi avanzati non succedono”. Il presidente Usa Barack Obama è intervenuto con queste parole dopo la strage di Charleston in cui sono morte 9 persone e dopo l’arresto del presunto killer di 21 anni. “Troppe volte ho dovuto commentare l’uccisione di innocenti perché qualcuno non ha avuto problemi a procurarsi una pistola”. E poi ha aggiunto: “Proviamo rabbia, angoscia e tristezza. Questo è un attacco alla nostra democrazia. Sarebbe un errore non riconoscere che dobbiamo affrontare il problema dell’accesso alle armi e i cittadini dovranno riconciliarsi con l’idea che va affrontato”.

La chiesa di Charleston, nel South Carolina, è un “luogo sacro” nella storia di quella comunità “e dell’America”, ha detto Obama nella dichiarazione fatta alla Casa Bianca, a fianco del vicepresidente Joe Biden. “E’ più di una chiesa”, ha detto ancora, ricordando l’importanza che riveste l’edificio nella lunga storia del movimento di emancipazione degli afroamericani. “Ogni sparatoria che lascia dietro di sé diverse vittime è sempre una tragedia, ma in questo caso c’è qualcosa che ci fa soffrire particolarmente, perché la morte si è verificata in un luogo sacro dove di solito cerchiamo sollievo, conforto e pace”.

Solo ad aprile, sempre in South Carolina, un uomo nero disarmato era stato ucciso da un poliziotto bianco. Il fatto era avvenuto a North Charleston e l’agente è stato incriminato per omicidio. Ma si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di violenze ai danni di neri compiute da un anno a questa parte negli Stati Uniti per mano di bianchi, dopo che le tensioni razziali salirono l’estate scorsa con l’omicidio del giovane afroamericano Michael Brown a Ferguson, in Missouri, per mano di un poliziotto bianco.

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