Mentre la trattativa tra Grecia e Brussels Group registra brusche frenate e fughe in avanti, al meeting del gruppo Bilderberg che si terrà dall’11 al 14 giugno a Telfs in Austria, con la partecipazione di 140 persone provenienti da 22 Paesi, sono stati invitati anche tre greci. Oltre a Dimitris Papalekopoulos, managing director del gruppo Titan Cement, e a Panagiotis Pikrammenos, primo ministro ad interim per una settimana nel 2012 ed ex presidente del Consiglio di Stato ellenico, c’è anche un economista che sull’Europa e sul futuro euromediterraneo ha scritto alcuni interessanti e controversi pamphlet. Si tratta di Luka Tsoukalis, presidente di Eliamep, la Fondazione ellenica per la politica europea e straniera. L’incontro annuale del club, essenzialmente un forum informale di discussione sulle questioni globali più importanti, si occuperà anche della crisi ellenica, come dimostra la presenza contemporanea del numero uno dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e di Benoit Querrey, appartenente al board della Banca centrale europea.

Tsoukalis, nato ad Atene, ha insegnato a Oxford, al Collegio di Santa Caterina e di S. Antonio, all’Istituto Europeo della London School of Economics and Political Science e a Sciences Po a Parigi. Attualmente è professore di integrazione europea presso l’Università di Atene e Visiting Professor presso il Kings College di Londra e il Collegio d’Europa di Bruges. Nel saggio Europa infelice, serve un big deal (Atene, Patakis Publications, 2014) tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo e polacco, osserva che la crisi ha radicalmente trasformato il panorama economico e politico. L’Europa è stata divisa in creditori e debitori, con da un lato i Paesi dell’area euro e dall’altro tutti gli altri. Le divisioni sono profonde e le disuguaglianze in rapido aumento.

Così come stanno le cose oggi, per progredire e uscire dall’impasse l’Europa avrebbe immediato bisogno di un nuovo importante accordo, basato su una vasta coalizione di Paesi e dei principali partiti politici. Servono istituzioni comuni forti, sottolinea Tsoukalis, ma si contraddice quando chiede “un controllo più democratico e un potere esecutivo con un forte potere discrezionale quando si prendono decisioni”. Ovvero cessione di sovranità nazionale al nucleo centrale, è la tesi, per prendere decisioni comuni. Una situazione che, nei fatti, esiste già, con regole comuni per Paesi ancora diversi, meccanismi di difesa bancari messi in campo in occasione della prima crisi greca del 2012, trattati europei e parametri di finanza pubblica imposti dall’alto come l’impossibilità di sfondare il famoso 3% per quanto riguarda il rapporto debito/pil.

In un altro libro, “L’Oracolo di Delfi sull’Europa: Esiste un futuro per l’Unione europea?” (Oxford University Press, 2011) ha raccolto contributi di ventuno tecnici ed economisti fra cui anche l’attuale ministro italiano delle Finanze Pier Carlo Padoan. Presentato a Bruxelles quattro anni fa con l’allora primo ministro Mario Monti e l’eurodeputato francese del Pse Pervenche Berès, aveva l’obiettivo di fare brainstorming per analizzare le conseguenze politiche del trattato di Lisbona, la riforma della governance economica alla luce della crisi e il ruolo globale dell’Europa. Dopo gli interventi di esperti e professionisti della costruzione europea fra cui Josep Borrell Fontelles, già presidente del Parlamento europeo, Jonas Condomines Beraud, consulente della Commissione, Janis A. Emmanouilidis, direttore del programma presso il Centro di politica europea (Epc) di Bruxelles, Dieter Helm, docente a Oxford, e l’economista e politico Philippe Herzog, Tsoukalis ha scritto di suo pugno l’ultimo capitolo. Non solo per tirare le somme delle analisi, ma soprattutto per auspicare, per il futuro, un’Europa dalle larghe vedute, traducendo il significato originale del nome del continente in politiche innovative per il secondo decennio del secolo.

Twitter @FDepalo

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