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Regionali 2015, le urne incoronano Salvini: il Matteo padano è l’anti-Renzi a destra

Il Carroccio doppia Forza Italia e dal 3-4% di un anno fa realizza il 15/20% nelle regioni del nord e soprattutto del centro. In Veneto Zaia doppia Alessandra Moretti. E la Lega, pur senza Tosi dopo la scissione, vale da sola quanto tutta la coalizione del centrosinistra
Regionali 2015, le urne incoronano Salvini: il Matteo padano è l’anti-Renzi a destra
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I due Matteo. La sfida è tra loro. Le regionali fugano ogni dubbio: Salvini è il leader del centrodestra, l’unico in grado di contrapporsi al premier. Il Partito Democratico di Renzi è scivolato al 22% mentre la Lega di Salvini nelle urne ha trovato una nuova vita con numeri tali da renderlo addirittura determinante per la vittoria in Liguria e permettendo di sfiorarla in Umbria. Se il Carroccio avesse presentato una sua lista anche in Campania forse Stefano Caldoro avrebbe potuto strappare la Regione a Vincenzo De Luca, che ha vinto per appena una manciata di voti.

In appena un anno il Carroccio è passato dal due per cento – racimolato nel maggio 2014 alle europee – al 15/20 per cento delle regionali di ieri. Un risultato imprevedibile e insperato per il segretario di via Bellerio, soprattutto in Toscana dove il candidato leghista alla presidenza della Regione, Claudio Borghi, ha conquistato il 20% delle preferenze, piazzandosi alle spalle del governatore uscente Enrico Rossi, riconfermato con il 48%, e doppiando il candidato di Forza Italia, Stefano Mugnai fermo al 9%. A queste latitudini dodici mesi fa il Carroccio aveva il tre per cento. In Liguria i Padani hanno fatto di più: sono stati determinanti per la vittoria inattesa di Giovanni Toti, diventando il terzo partito più votato della Regione con il 20,3% delle preferenze, dietro Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. Persino nella sempre rossa Umbria la Lega ha mietuto consensi incassando il 15% e regalando a Claudio Ricci l’euforia – seppur temporanea – di una possibile vittoria contro Catiuscia Marini, governatrice uscente del Pd riconfermata sul filo di lana.

E nel parallelo tra i due Matteo è imprescindibile il risultato registrato in Veneto. Qui il Carroccio un mese fa ha subìto una lacerante scissione con la cacciata di Flavio Tosi dalla Liga Veneta di cui era segretario. Eppure le urne non ne hanno risentito. Il sindaco di Verona ha registrato l’11% delle preferenze, mentre Luca Zaia è stato confermato governatore con più del 50%. La sua lista da sola ha ottenuto il 24,38%, più del risultato complessivo registrato dalla coalizione che ha sostenuto la candidata del Pd Alessandra Moretti, ferma al 23,43%. Scissione dunque indolore per Salvini. Risultato ben diverso rispetto a quello registrato dall’altro Matteo in Liguria dove il Pd dopo le primarie vinte da Raffaella Paita si è spaccato ritrovandosi, proprio come la Lega in Veneto, con due candidati provenienti dalla stessa area: Paita e Luca Pastorino, sostenuto da Pippo Civati. A loro è stata sin da subito attribuita la responsabilità della sconfitta. Prima dalla Paita e poi dai vertici del Pd.

Il presidente del partito, Matteo Orfini, intercettato mentre lasciava via del Nazareno dall’inviato de La7 durante la maratona elettorale di Enrico Mentana alle cinque di questa mattina ha detto: “Per noi è una vittoria, certo abbiamo perso la Liguria, dove c’è stato un errore perché c’è stata una scissione e quella parte del Pd che ha deciso di andarsene e ha regalato la vittoria a Toti”. Eppure in Veneto Moretti, che ha avuto il sostegno dell’esecutivo e addirittura Renzi come autista per uno spot elettorale, non ha vinto. Uno dei due Mattei ha fatto meglio.

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