Una strada ad uso esclusivo degli industriali del marmo, con spese di gestione a carico del Comune ma completamente gratuita per chi la percorre. E’ la “strada dei marmi“, a Carrara: 6 chilometri realizzati nel 2012, perlopiù bucando le Alpi Apuane, per evitare il passaggio dei camion dal centro della città, e costati alle casse pubbliche 119 milioni di euro: 22 dell’Unione europea e 97 del Comune che, per questo, ha messo in bacheca il record di municipio tra i più indebitati d’Italia. Una strada da cui, adesso, a malapena possono passarci le ambulanze: solo i mezzi pesanti diretti alle cave possono percorrerla e sarà così almeno fino al 2017, quando cadrà il vincolo di cinque anni di “strada specialistica” fissato dall’Ue. Ma c’è dell’altro: nei piani, i costi di gestione e manutenzione, di cui si occupa la municipalizzata Progetto Carrara, dovevano essere coperti in parte dal pagamento del pedaggio. Ma questo non è mai stato pagato. Il motivo? In caso di pedaggio il Comune avrebbe dovuto garantire una via alternativa gratuita, che sarebbe stata quella che attraversa il centro storico di Carrara. E in quel caso la nuova strada scintillante, costata quasi 120 milioni, non avrebbe avuto ragione d’esistere.

E pensare che si tratta di una cifra irrisoria: un euro, decimo più decimo meno. Considerando che ogni giorno (dal lunedì al venerdì) transitano circa 600 camion, nelle casse della Progetto Carrara, sarebbero entrati almeno 600 euro al giorno: circa 150mila euro all’anno. Non sono certo spiccioli per una società (che si occupa anche del piano della sosta) che ha chiuso il 2014 con una perdita di 2 milioni e 250mila euro e che costa alle casse comunali, solo per quanto riguarda la gestione della Strada dei Marmi, 1,3 milioni di euro all’anno. Nonostante infatti le vecchie promesse del sindaco socialista Angelo Zubbani di smantellarla non appena avesse terminato il suo compito (quello di realizzare la strada) la Progetto Carrara è ancora viva e vegeta, e con un amministratore unico, Giorgio Dell’Amico, commercialista di 51 anni, indagato per reati societari e fallimentari in una inchiesta legata all’impianto di trattamento dei rifiuti massese, il Cermec, e per cui il pm Rossella Soffio ne aveva chiesto l’interdizione dai pubblici uffici. Attualmente sono in 13 ad occuparsi dell’unico incarico rimasto in piedi: la manutenzione della strada. Un lavoro per cui, come disse al Tirreno nel 2012 l’allora amministratore delegato della municipalizzata, Cesare Tazzini “basterebbero tre funzionari”. Il sindaco, contattato da ilfattoquotidiano.it, assicura che “si sta andando verso la liquidazione della società. Il percorso è tracciato e terminerà nel 2017”. E alla domanda se sarà Dell’Amico a traghettare la società verso la liquidazione, il primo cittadino risponde: “Ho chiesto all’amministratore unico di scrivere una relazione con i chiarimenti sulla vicenda – dice – Una volta terminata di leggere prenderò una decisione e la porterò in consiglio”.

Nel frattempo il Comune di Carrara continua a essere indebitato per cifre notevoli, con un rosso che si aggira sugli 81 milioni di euro. Fino al 2040 tutti gli investimenti saranno bloccati. I proventi derivanti dall’attività estrattiva del marmo, che prima della realizzazione della strada venivano ributtati (almeno nelle intenzioni) sulla città, adesso vengono dirottati sulle banche. Si parla di circa 19 milioni di euro ogni anno. Che comunque potrebbero essere molti di più. Quella che, impropriamente, viene chiamata Tassa marmi (in realtà abolita nel 2004) è infatti suddivisa in due voci: quella del contributo ambientale regionale, calcolato sulla quantità e qualità del marmo estratto, e una sulla concessione. Su ciascuna voce Carrara potrebbe avere di più dalle cave. Lo dice anche la procura di Massa che ha chiesto il rinvio a giudizio per 13, fra politici, funzionari pubblici e imprenditori, accusati di abuso di ufficio per aver fissato una tariffa per il contributo regionale dieci volte inferiore a quella del valore di mercato (il gip si pronuncerà sulla richiesta il 12 maggio).

Per quanto riguarda le concessioni poi, ad oggi, solo per 29 cave è prevista una tariffa piena, perché delle circa 80 miniere attive sul territorio comunale sono le uniche interamente pubbliche. Le altre sono ancora private, o miste, per via di un editto del 1751 con il quale l’allora sovrana del ducato di Carrara, Maria Teresa Cybo-Malaspina fece un regalo ad alcuni imprenditori del marmo. Nonostante nel 1995 la Corte Costituzionale si sia pronunciata sostenendo che le concessioni delle cave dovessero essere tutte temporanee, solo nei giorni scorsi, dopo oltre 260 anni, il consiglio regionale della Toscana ha ha approvato il Testo Unico sulle cave abolendo i cosiddetti “beni estimati” (così si chiamano le cave private). Certo, questo non garantisce che le miniere tornino nuovamente nelle mani pubbliche. La potente lobby del marmo ha infatti annunciato ricorsi. E ha già ampiamente dimostrato in passato di riuscire a ribaltare qualsiasi legge o decisione politica a suo piacimento. Come con il piano paesaggistico regionale stravolto e “ristravolto” fino ad annullarne, nel capitolo cave, completamente la natura.

Non resta che pensare agli eventuali vantaggi della Strada dei marmi. L’opera era indispensabile, se si pensa che all’epoca della progettazione passavano circa 900 camion ogni giorno dalla vie del centro, con smog, polveri del marmo e fracasso annessi. In compenso, però, a rimetterci sono stati gli abitanti di Miseglia, paesino che si trova all’imbocco della galleria Santa Croce, ingresso a monte della strada, che all’improvviso si è trovato l’inferno sotto casa. Centinaia di camion pieni di marmo, il fetore delle marmitte, il rumore continuo delle ventole della galleria e quello dell’impianto per lavare i mezzi pesanti. Un incubo solo per 68 famiglie.

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