A Roma, il sindaco Marino e l’assessore alla Cultura, Marinelli fanno passare per riqualificazione urbana delle periferie l’iniziativa – ben più  modesta e discutibile –  dei progetti di arte pubblica o “street art” con la quale, diversi artisti internazionali hanno dipinto le facciate delle case popolari a San Basilio, Tormarancia, Tor Pignattara.

roma-street art

L’operazione viene celebrata sul sito ufficiale del Comune di Roma con un’enfasi sproporzionata all’evento; colpisce l’inconsapevolezza del fatto che presentare un progetto d’arte come efficace  soluzione al degrado e alle gravi disfunzioni endemiche della periferia costituisca un’imperdonabile responsabilità. Innanzitutto l’abuso del termine “riqualificazione urbana” usato in modo vago e aspecifico, sfuggendo ad una precisa definizione “è una attività pianificatoria, programmatoria o progettuale finalizzata al recupero di una valida dimensione qualitativa e funzionale in strutture urbanistiche e/o edilizie – nell’insieme o in singole loro parti compromesse da obsolescenza funzionale o da degrado.” [Dino Borri, Lessico urbanistico Dedalo, 1993]

In quale modo i murales possano sostituire l’attività progettuale lo dovrebbe spiegare il sindaco Marino, che nel frattempo ha messo a punto una serie di interventi per il recupero delle periferie (imbarazzante per ovvietà e assenza progettuale) che titola “Da aree marginali a nuove centralità”: programma fortemente indicativo dell’inadeguato iter individuato dal primo cittadino di una capitale, nonché della sua inadeguatezza alla carica che ricopre.

La “street art” è presentata come il pezzo forte della “riqualificazione”. Il discusso fenomeno artistico, per le sue tante contraddizioni, secondo  il  vicesindaco Nieri è una “forma d’arte nuova e bellissima” nella quale si intravedono straordinarie opportunità per la città di Roma: “una soluzione che può attirare turismo e interesse nelle nostre periferie mettendo a punto una mappa turistica della street art” (sic!).

Non è dello stesso avviso l’artista Massimo Mazzone, docente all’Accademia di Brera che definisce la street art una etichetta commerciale: “Non esiste come vera e propria ricerca artistica, si tratta di un fenomeno che i mass media hanno sposato per evidenti sintonie col Pop che è la dittatura e l’arte accademica dei nostri tempi, mettendo sotto questa etichetta muralismi, graffitismi e molto altro. Esiste una cultura underground, urbana, che spazia tra musica, danza, graffiti e performances ma l’etichetta street art serve solo ai giornalisti servili e agli amministratori incompetenti che usano questo termine come toppa agli strappi che piani urbanistici  e architetture fallimentari hanno prodotto nelle metropoli.” Ma, per capire la dimensione della spaventosa voragine di contenuti che si è spalancata sotto il Colle capitolino, è sufficiente continuare nella lettura autocelebrativa del sito del Comune, in cui si spiega come “L’arte urbana è decisiva per la riqualificazione”: “la street art sta cambiando volto alla città con il colore e la fantasia (..) Con quella sorta di ‘rap metropolitano per immagini’ che è ormai il fenomeno estetico, sociale e comunicativo più forte e universale nei grandi agglomerati urbani di tutto il mondo. (…) l’arte dei grandi murales a Roma lo sta facendo con Roma Creativa, il bando lanciato dal Campidoglio (Assessorato alla Cultura) per riempire di cultura, spettacolo e arte la banlieue romana” (..)

Come tutti sanno infatti,  le “banlieues romane” (!) Tor Bella Monaca, Corviale, San Basilio, Torpignattara, ecc. hanno bisogno di “colore e fantasia” e non di biblioteche, di centri anziani, di impianti sportivi, di parchi – cioè di progettazione, architettura, di investimenti a lungo termine –  che hanno arricchito e continuano ad arricchire le periferie delle grandi capitali europee. Si pensi al caso emblematico del quartiere popolare Raval nella zona di Ciutat Vella a Barcellona, simbolo del degrado prima, e della riqualificazione urbana poi, che – a partire degli anni ’90 – ha visto la sua rinascita grazie alla realizzazione di un centro sportivo, di una residenza per studenti universitari, del Centre de Cultura Contemporània de Barcelona o CCCB, (istituzione pubblica dedicata allo studio di  temi urbani) e  la costruzione del Museo di Arte Contemporanea (MACBA).

A Roma il sindaco Marino la riqualificazione urbana delle periferie la fa con “il colore e la fantasia”. Con la furbesca ed economica – ma di immediato ritorno mediatico – operazione di “street art”.

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