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Chi sono i reducetariani: la “filosofia” del meno carne ma di qualità maggiore

L’idea è quella di non rinunciare a bistecche e costate, ma controllare la quantità (e soprattutto la qualità). Il nuovo movimento alimentare è stato lanciato da Brian Kateman, giovane ricercatore dell’americana Columbia University nel dipartimento di Ecologia e biologia ambientale

di Elisa Murgese

Evitare di mangiare carne la sera, il lunedì o durante il fine settimana. Questa la nuova sfida dei “reducetariani”, un movimento alimentare lanciato da Brian Kateman, giovane ricercatore dell’americana Columbia University nel dipartimento di Ecologia e biologia ambientale. L’idea è quella di non rinunciare a bistecche e costate, ma controllare la quantità (e soprattutto la qualità) della carne che si mette nel piatto. Lanciato anche il primo hashtag su internet: #lessmeat, ovvero meno carne. “Prova almeno per trenta giorni”, si legge su Reducetarian blog, un portale diventato molto famoso nel Regno Unito. Un punto da cui cominciare? “Riduci la porzione della tua bistecca da 16 oz (circa 450 g) a 8 oz (circa 225 g)”.

Cosa vuol dire essere “reducetariani” lo spiegano gli stessi promotori del movimento. “Si tratta di una identità e una comunità composta da individui che si sono impegnati a mangiare meno carne rossa, pollame, pesce e carne di qualsiasi altro animale”. Una sfida possibile “perché mentre non tutti sono disposti a eliminare completamente i prodotti di origine animale dalla loro dieta”, secondo il ricercatore della Columbia University diventare “reducetariani” è invece una scelta alla portata di tutti. Un’abitudine non solo per prendersi cura della propria salute, ma anche per compiere una scelta alimentare attenta allo sfruttamento degli animali e all’ambiente. Qualche strategia? “Se mangi carne a pranzo non farlo anche a cena – si legge sul sito della community – Evita di mangiare carne il lunedì, o scegli la giornata che ti è più comoda per farlo. Decidi di acquistare prodotti di origine animale dove il bestiame è nutrito al pascolo, invece che fare riferimento agli allevamenti intensivi”.

Un movimento che è stato accolto positivamente anche dalla piattaforma di crowdfunding Indiegogo, dove i promotori “reducetariani” hanno raccolto oltre 20mila dollari. Soldi che saranno spesi per promuovere ricerche e corsi scolastici su alimentazione e sostenibilità ambientale. “La nostra prima iniziativa è spingere decine di migliaia di individui in tutto il mondo a diventare ‘reducetariani’, mangiando meno carne almeno per trenta giorni”, si legge su Indiegogo. Una sfida che secondo Brian Kateman aiuterà a far crescere consapevolezza attorno agli effetti positivi legati ad una minore assunzione di prodotti di origine animale. Ma questo è solo l’inizio. “Il nostro secondo obiettivo è formare dozzine di ‘ambasciatori reducetariani’ che conducano laboratori nelle scuole sul cibo e la sua sostenibilità”. Non dimentichiamo, infatti, come il ricercatore della Columbia University collabori con l’Istituto per la sostenibilità ambientale americano, tanto che la filosofia dei “reducetariani” vuole prima di tutto avere effetti positivi non solo per le persone, ma soprattutto sull’ecosistema.

In Italia ci sono tra 400 e 700mila vegani, senza dimenticare i crudisti che non trattano i cibi a temperature superiori ai 45 gradi o i fruttariani. Essere “reducetariano” non è così estremo ma è una scelta per chi vegetariano o vegano forse non lo diventerà mai, in un periodo in cui non è vita facile per la comunità veg. Secondo l’ultimo studio dello Human Research Council circa l’84% dei vegetariani americani è tornato sui suoi passi dopo meno di 12 mesi. Più convinti i vegani, che però perdono il 70% dei nuovi adepti entro il primo anno dalla scelta. Certo, il 37% di chi ha smetto di essere vegetariano o vegano ha detto che primo o poi gli piacerebbe riprovare a eliminare i prodotti di origine animale dalla sua dieta. Ma intanto, suggerisce Brian Kateman, si può sempre provare a ridurre il loro consumo giornaliero di carne.

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