Fughiamo subito un dubbio, se qualcuno volesse iscrivere I Camillas nel circolo degli artisti indie è autorizzato a farlo, non fosse altro che per una questione di fisiognomica. I Camillas, infatti, al secolo, si fa per dire, hanno la barba. Ecco, qui si ferma ogni possibile congiuntura tra la band marchigiana e il resto della scena indie italiana, non fosse altro che per un dettaglio che poi tanto dettaglio non è: I Camillas non assomigliano a nessuno, suonano canzoni originali, non ambiscono a confondersi nel gruppo.

Bene, ora che ci siamo fatti amici tutti gli hipsters in circolazione, possiamo procedere sereni, sicuri di non trovare ostacoli pelosi sulla nostra strada (anche chi scrive, per la cronaca, ha la barba). I Camillas sono una delle realtà più interessanti in circolazione, basta andare sul tubo ad ascoltarsi le loro anomale canzoni per capirlo. Sicuramente lo hanno capito alcuni scrittori della generazione di mezzo, quella del post Veltroni e del pre Renzi, destinati, un po’ come I Camillas, a vivere in una sorta di limbo, schiacciati tra Inferno e Paradiso (decidete voi chi è cosa). Gli scrittori in questione sono, in ordine di apparizione, Matteo B Bianchi, Aldo Nove e Giuseppe Genna. Niente male, se siete tra quanti i libri li leggono, e non tra quanti ne parlano.

Matteo B Bianchi, probabilmente l’autore pop più pop in circolazione, esclusi i presenti, chiama I Camillas per prendere parte a una edizione del bel Festival letterario (e altro) milanese Roland. Un festival che ha a che fare con gli animali. Anche I Camillas hanno a che fare con gli animali, sempre, ma questa è una nota di colore, che poco attiene al resto. Matteo B Bianchi li convoca, e li mette in contatto con Aldo Nove, probabilmente lo scrittore più noto al mainstream della covata in questione. Aldo Nove e I Camillas tengono un reading insieme, qualcosa che, giurano i presenti, si può ascrivere serenamente nell’empireo degli eventi unici e irripetibili.

Ma poi però si ripetono: Aldo Nove organizza o partecipa all’organizzazione di un omaggio a Songs for Drella, epico album di Lou Reed e John Cale dedicato alla memoria di Andy Warhol. Stavolta mette I Camillas, marchiagiani, in contatto con un autore classico, di musica classica, Carlo Boccadoro, a sua volta marchigiano. L’idea dei Camillas, mi dicono nel corso di un’intervista, di cui non troverete traccia in queste righe, ca va sans dire, è che almeno un marchigiano si trovi in un posto importante, una redazione, una giunta, un consiglio d’amministrazione. Anche chi scrive è marchigiano, servisse per farsi un quadro più preciso dello stato di avanzamento dell’ambizioso progetto. All’evento louridianoejohncaliano partecipa anche Giuseppe Genna, autore tra i più importanti della generazione di mezzo, scrittore puro, scrittore pure.

I Camillas e Genna si annusano, si piacciono, anche se Genna è vagamente glabro e ha la pappagorgia. Da lì parte un’idea, in realtà partita solo nelle tre singole teste, di Genna e dei Camillas, di spostare su carta il mondo immaginifico e naif de I Camillas, una band, un duo, quel che è, che ha un immaginario potentissimo, vivo e vivido. Non se lo dicono, perché certe cose viene meglio a dirsele al telefono, ma di lì a poco Genna propone a I Camillas di scrivere un romanzo, e il romanzo inizia a prendere corpo. In realtà il romanzo già c’è, in teoria, perché uno dei due I Camillas, o Ruben o Zagor, non saprei, visto che sono nomi fittizi, scrive da tempo. Stavolta però c’è un editore, per di più un editore serio come il Saggiatore, a aspettare il malloppo scritto. Così nasce ‘La rivolta dello zuccherificio’, un romanzo mondo, un romanzo universo, irraccontabile come irraccontabili sono le canzoni de I Camillas.

Dentro queste pagine c’è davvero di tutto. Un viaggio alle estremità del mondo che ci mette in contatto, noi lettori come i protagonisti delle pagine, con una raccolta di temi sopravvissuti al tempo. Temi, nel senso di prove scritte di italiano, che però danno modo di affrontare temi, nel senso di argomenti disparati. Insomma, che ve lo racconto a fare. I Camillas sanno scrivere, bene, che si tratti di scrivere canzoni, ascoltare l’ultimo ‘Costa brava’ per credere, o di scrivere romanzi, leggere ‘La rivolta dello zuccherificio’ per credere. Sanno creare immaginari, e questo in tempi in cui è la barba lunga a farla da padrona è davvero un dono raro, fastidioso come un secondo figlio in Cina.

Ecco, ascolti e leggi I Camillas e pensi che una speranza, forse, c’è, come se fossi un’ape in quei film catastrofici anni Ottanta in cui le api distruggono il mondo, ma poi alla fine vengono uccise tutte dai buoni, anche se nell’ultimo frame se ne vede una sopravvissuta.

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