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Grandi opere? Un’occasione per spartirsi soldi pubblici. Il Veneto insegna

Grandi opere? Un’occasione per spartirsi soldi pubblici. Il Veneto insegna
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Il Veneto torna, di nuovo, al centro degli scandali sulle grandi opere, sulla Mestre-Orte e sulla Tav Padova-Brescia. Che il sistema di potere sia malato, lo sto dicendo da anni, inascoltata anche quando operavo da capogruppo Pd in Consiglio Regionale. Avevo previsto che prima o poi la magistratura avrebbe posto l’attenzione su distorsioni evidenti, su costi accresciuti, su carteggi nascosti e impediti alla visione di chiunque perché tutto questo era lampante anche all’occhio di chi magistrato o competente del tema infrastrutture, non è. E così puntualmente siamo all’ennesimo capitolo in cui le grandi opere si intrecciano con il malaffare e il malcostume italiano, anzi italianissimo, alla faccia (sporca o ignava?) di chi vorrebbe dipingere il Veneto come l’isola felice e perciò disturbata dalla disonestà e dalla corruzione di Roma, persino pronta a staccarsi… mai beffa più atroce.

La verità è semplice ed è sempre stata nella disponibilità di tutti. Le grandi opere spostano enormi masse di denaro, spesso assai poco giustificate dall’utilità delle stesse. Sono volute al solo fine di creare occasioni di spartizione tra i soliti noti di tanti, troppi soldi pubblici e crescono di importo via via che il tempo passa e la fame, anzi l’incetta aumenta. Tutto viene deciso nelle segrete stanze, nel mondo opaco e nebuloso dove politica, alta finanza e imprenditoria si incontrano per favorire accordi che definire mafiosi non è affatto un eccesso. Perché la logica è la stessa.

Opere molto meno costose e impattanti sono non solo possibili, ma, è ampiamente dimostrato, più utili ed efficaci a svolgere il ruolo di servizio a imprese e cittadini. Con un unico grande neo, per costoro, per i corrotti e i corruttori: il controllo pubblico, la gratuità nell’uso e il costo adeguato e trasparente.

E’ il caso, oggi, dell’idrovia Padova-mare, negata o sempre rinviata. È il caso del progetto originario dell’Spv la Superstrada Pedemontana Veneta che prevedeva inizialmente una strada a percorrenza veloce con molte uscite atta a servire il fitto traffico anche locale che attraversa i comuni trevigiani e vicentini. Guarda caso si è trasformata in una strada a pagamento dai costi via via aumentati in maniera esponenziale. L’idrovia giace oggi dimenticata da Regione e governo, mentre sarebbe invece un’opera fondamentale per il Veneto del futuro. Non solo infatti fungerebbe da canale scolmatore per molti fiumi e torrenti che da anni creano problemi idrogeologici al territorio, ma garantirebbe anche un notevole trasferimento di traffico merci dalla gomma all’acqua, in continuità con la ferrovia e con un beneficio palpabile nella qualità dell’aria troppo inquinata di quell’area. L’idrovia, inoltre, ha un costo che potremmo definire irrisorio se confrontato con le opere per cui sono indagate più di 50 persone in questi giorni.

Per questo motivo, alcuni parlamentari veneti, trasversalmente stanno facendo pressioni sul governo, perché ricomprenda il completamento dell’idrovia tra le opere strategiche del Paese, per le quali sono previsti i finanziamenti europei. Ma, mentre aspettiamo che la sveglia suoni per ancora troppi, l’amarezza di chi aveva compreso e dovuto subire derisione o gelida supponenza per aver colto il malaffare, è tanta. Troppa.

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