Bisogna sapere che non ci sono solo le quinte, all’Ariston. Ci sono anche le segrete, la sala stampa al Roof, il tetto del mondo di Sanremo. Qui i giornalisti passano una settimana, tutto il giorno tutti i giorni, dalle 11 all’una di notte: più che un servizio, un sequestro di persona. E qui gli organizzatori, i conduttori e le vallette vengono al mattino a darci in pasto dichiarazioni, stati d’animo, informazioni sulla salute.
Arisa ci ha usato come cavie, prima di raccontare a milioni di telespettatori i suoi problemi con il ginocchio. Una mattina si è svegliata e ci ha detto di avere le sue cose. Per la serie tv dell’amore, ieri il sindaco ci ha raccontato di aver ricevuto un sms da sua moglie: “Ti amo”. Sanremo, San Valentino. Ma il piatto forte del mattino sono le veline sugli ascolti, mai come quest’anno da Istituto Luce. Tutti guardano Sanremo: un telespettatore su due è sintonizzato su Rai Uno. Giubilo. Le scomode domande della stampa che vigila sull’evento più importante e costoso della tivù di Stato iniziano – una su due – con “Complimenti”. Ma anche “Come ti senti?”, “Cos’hai provato sul palco?”, “Ti sentivi a tuo agio in abito da sera?”. Sopravvivere alla noia quest’anno è l’imperativo: prova a salvarci Mario Luzzatto Fegiz, firma del Corriere della Sera e decano della sala stampa. Il suo elicotterino telecomandato, ma noi che siamo molto moderni lo chiamiamo “drone”, vola sulle teste di papa Leone e del beato Carlo in un tentativo di vivacizzare queste interminabili sessioni mattutine, tutte numeri e laudi. Finché dopo due giorni, con la precisione di un cecchino, il direttore di Rai Uno – sempre con il sorriso sulle labbra – lo secca con un colpo netto. No fly zone, del resto è il Festival della normalizzazione.
Di normale c’è la finta contestazione ad Andrea Spinelli, da 11 anni presidente della sala stampa: viene sempre rieletto all’unanimità. Quest’anno è diventato anche l’idolo di Platinette, che in conferenza stampa l’ha praticamente abbordato. Un tentativo di rianimazione lo fa anche Andrea Alemanno, inviato dalla Ipsos a farci da badante per il voto delle canzoni. Le operazioni sono complesse: bisogna firmare e controfirmare due volte per entrare in possesso del telecomando-votatore. Il nostro tutor quest’anno sceglie la strada del situazionismo, un po ’ come Arisa. Per ricordarci di ritirare il prezioso strumento, conia filastrocche e calembour. Cose così: “Non prendete l’ascensore, ritirate il votatore”, “All’ombra dell’ultimo sole, ritirate il votatore”. Mentre sullo schermo di Rai Uno va in onda la puntata, qui sopra succede di tutto: volano insulti ai cantanti che steccano (quest’anno la maggioranza), fischi a più non posso contro i supposti comici, s’improvvisano balli (ebbene sì, anche sulle note di Felicità). S’infiammano proteste contro la decisione di cambiare la scaletta, posticipando a notte fonda – e a quotidiani chiusi – l’annuncio del vincitore dei giovani. Ne fa le spese l’incolpevole ed efficientissimo ufficio stampa Rai, ma la rivolta viene sedata da Leone (cresciuto tra Montecitorio e Quirinale) che media per gli amici dei media e fa cambiare la scaletta.
Oggi pagheranno il riscatto e il Roof si svuoterà: l’anno prossimo, per il Conti-bis ci daranno un kit con la flebo.
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