“Una brutta pagina nella storia del Parlamento”. In un’Aula ai limiti del surreale, con le opposizioni sull’Aventino, il bersaniano Alfredo D’Attorre punta il dito contro “il ruolo debordante svolto dal governo” nella gestione del percorso delle riforme costituzionali. “Un’anomalia – taglia corto l’esponente della minoranza Pd – che si è manifestata nella pretesa dell’esecutivo di controllare il voto su ogni singolo emendamento, comprimendo gli spazi del confronto parlamentare”. Un j’accuse cui segue, però, anche un appello. Destinatario, in entrambi i casi, il premier-segretario del Pd, Matteo Renzi: “Prenda atto dell’imbuto in cui ci siamo infilati e metta da parte il metodo (del Patto) del Nazareno per tornare al metodo parlamentare”.
Onorevole D’Attorre, siamo allo show-down: come si è arrivati a questo punto?
Certamente hanno pesato le spinte estremistiche del Movimento 5 Stelle. Ma, ciò detto, come Pd non possiamo non interrogarci sul perché tutte le forze di opposizione abbiano finito per convergere sulla linea dei grillini. E la risposta è chiara: il vizio originario deriva dalla decisione di blindare le riforme con il Patto del Nazareno, scegliendo l’accordo extraparlamentare laddove, al contrario, è il Parlamento la sede naturale di questo percorso.
Blindatura che si è dissolta con il dietrofront di Berlusconi?
La scelta di concordare le riforme esclusivamente con Forza Italia, relegando tutte le opposizioni in un angolo e svuotando il Parlamento del suo ruolo, ha fatto sì che la maggioranza si sia trovata priva di ogni interlocutore istituzionale, nel momento in cui Berlusconi, con una capriola per altro non nuova, ha deciso di ribaltare la sua posizione.
Un contraccolpo a cui la maggioranza si è dimostrata impreparata?
Nel momento del tracollo del Patto del Nazareno, il Pd non è stato in grado di capire che dopo il fallimento di quel percorso serviva un’alternativa, come abbiamo invocato più volte noi della minoranza. Invece, con le opposizioni ci siamo limitati a parlare di tempi e durata del processo legislativo anziché discutere nel merito.
Il leader del Pd è anche il presidente del Consiglio. E’ a Matteo Renzi che rivolge le sue critiche?
E’ ovvio che l’ulteriore anomalia di questa vicenda risiede nel ruolo debordante che ha avuto il governo e nell’eccessiva rigidità dimostrata. Pretendendo di controllare il voto su ogni singolo emendamento ha finito per comprimere gli spazi del confronto parlamentare. E questi sono i risultati.
Risultati irreversibili?
Mi auguro di no. Sarebbe un errore andare avanti come se nulla fosse. Perché le riforme costituzionali non sono il Milleproroghe. Credo che il Pd abbia il dovere di tentare di riaprire il confronto nel merito con le opposizioni.
Un’iniziativa che spetta e che vi aspettate da Renzi?
A Renzi chiederemo di prendere atto della situazione e di cambiare strada. Passando dal metodo del Nazareno al metodo parlamentare. Anche perché, se non c’è più l’asse con Forza Italia, che senso ha proseguire su quella via? La questione, a questo punto, è politica. Mi auguro prevarrà il buon senso e che Renzi tragga le conseguenze facendosi promotore della ripresa del dialogo, togliendo ogni alibi all’opposizione. Sarebbe miope, oltre che sbagliato, fare finta di nulla.
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