Per il suo Vittorio non c’è stato neanche il tempo. Il tempo di ragionare, di intavolare una trattativa, di pagare un riscatto. Il 14 aprile 2011 Vittorio Arrigoni veniva sequstrato da una cellula salafita impazzita della Striscia di Gaza e ucciso poche ore più tardi. Ora che per riportare a casa Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite in Siria il 31 luglio e liberate il 15 gennaio, si parla del pagamento di un riscatto, dalla politica arrivano reazioni dure, mentre sui social network si sono riversati i commenti di chi la presenza di due cooperanti di 20 anni in Siria non riesce a capirla, a tollerarla. “Ho letto diversi commenti crudeli su Facebook – racconta a IlFattoQuotidiano.it Egidia Beretta, madre del cooperante e giornalista italiano che chiudeva i suoi reportage dall’enclave palestinese con il motto “Stay Human”, “Restiamo umani“, messaggio chiave della sua esperienza – frasi del tipo ‘Dovevano lasciarle là’, ‘Dovevano marcire in Siria‘. A queste cose non bisogna dare peso, perché la stupidità è diffusa, purtroppo”.

Poi ci sono i politici: c’è stato anche chi, come il capogruppo di Forza Italia alla Regione Emilia-Romagna Galeazzo Bignami, ha chiesto che ora Greta e Vanessa lavorino gratis per ripagare lo Stato.
“Ammesso che sia stato pagato un riscatto in denaro, è giusto che ci si interroghi su dove questi soldi andranno a finire, a cosa serviranno. Leggo che il governo nega di aver pagato, ma qualcosa dovrà pur aver dato in cambio: quando si tratta in casi come questo, lo scambio c’è sempre”.

Arrigoni Egidia Beretta 240Matteo Salvini ha twittato: “Se veramente per liberare le due amiche dei siriani il governo avesse pagato un riscatto di 12 milioni, sarebbe uno schifo!”.
“Salvini sta seguendo la linea che si è dato, non ha detto altro che quello che i suoi elettori si aspettavano che dicesse. Voglio pensare che in cuor loro nessun politico metta in dubbio che andava fatta qualsiasi cosa per far tornare a casa queste due ragazze. E’ giusto che lo Stato si sia impegnato, indipendentemente dal motivo per cui le ragazze sono andare in Siria: lo hanno fatto per una causa giusta, erano convinte di poter alleviare le sofferenze della popolazione siriana. Poi però la politica è specializzata nel tirare dritto e nel non tener conto di quanto sia poco umano esprimersi in questo modo”.

Forse, complice  la delicata situazione internazionale e la paura diffusa di attacchi terroristici, c’è una scarsa sensibilità in questo momento verso questo tipo di tensione ideale.  
“Non credo sia così. E soprattutto credo che chi si sta impegnando concretamente in azioni di sostegno tragga ancora più forza dagli episodi che si stanno verificando”.

C’è qualcosa che rimprovererebbe a Greta e Vanessa?
“Ci penseranno i loro genitori quando le riabbracceranno. Lo faranno dopo, non subito perché la prima cosa che farei io riabbracciando una figlia sarebbe quella di stringerla forte e di dirle che le voglio tanto bene. Poi sicuramente qualche riflessione la dovranno fare. Probabilmente sono state troppo fiduciose, non hanno valutato i pericoli in cui potevano cadere. Hanno dato troppa fiducia a chi, secondo loro, doveva accompagnarle, doveva aiutarle a gestire la situazione. Ma non sarà nemmeno necessario farglielo presente, lo avranno capito da sole. E avranno capito anche il tormento che hanno provocato nei loro cari”.

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