slide byJonathan Wilson è un nerd della musica: gran parte del suo tempo lo trascorre in sala prove, a suonare o ad ascoltare musica, che poi, dopo averla ingurgitata e fatta propria, ripropone sotto altre spoglie, nel modo a lui più congeniale. Musica cruda, non contaminata da trucchetti di studio o da quegli arrangiamenti melensi, che le major sono solite imporre ai loro artisti di maggior successo.

Rinchiuso nel suo studio, il Laurel Canyon, dove utilizza esclusivamente materiale analogico e una strumentazione dell’epoca, dunque il sound vintage non è ricreato, ma autentico, è qui che sono nati brani-capolavoro come Desert Raven, Love To Love o Natural Rhapsody. La sua musica, dichiara, “è un vero e proprio manifesto di estetica rock. Più che una salutare fonte di ispirazione è l’affermazione del rock come musica capace di far sognare, di dare emozioni, di farci viaggiare verso mondi altri e migliori disegnando armonie vocali e intrecci strumentali evocativi e dal forte timbro psichedelico”.

Ed è sempre in questo luogo – che alla fine degli anni Sessanta colonizzato da un mucchio di musicisti, che tra i fumi di canapa e il profumo di eucalipti, fusero folk, rock e pop americano in un suono che conquistò il mondo – il Nostro ridà vita a brani altrui (era già capitato con la Isla Bonita di Madonna)  trasformandoli in veri e propri capolavori. Come ad esempio Angel di Bob Welch (ex Fleetwood Mac), della durata di otto minuti e mezzo, registrato durante una session alla Kexp Radio Station di Seattle, o Coming Into Los Angeles di Arlo Guthrie, che compaiono nel suo nuovo disco, un Ep intitolato Slide By.

Composto da cinque brani, tre cover e due inediti, Free Advice e Slide By che dà il titolo all’Ep, Jonathan porta avanti quella tradizione che si è sviluppata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, pubblicando dei bellissimi dischi che rimandano a quell’epoca. Nel suo ultimo album, Fanfare, uscito nel 2013, ha chiamato a suonare al suo fianco mostri sacri come Roy Harper e David Crosby, Jackson Browne e Graham Nash. Il risultato? Ascoltandolo, può dare l’impressione di  copiare, ma il fatto è che Jonathan Wilson non copia: come ebbe a dire Gail Zappa, moglie del grande Frank: “Fa sua la musica di quell’epoca, come se ci vivesse dentro”.

 

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