Cosa sono 7 minuti nella vita di una persona?

Apparentemente un soffio. E sette minuti di pausa nella vita di un operaio? Forse il tempo per un caffé e per un rapido bisogno fisiologico. Vale la pena di rischiare, specie in tempo di crisi, la certezza di un lavoro e di un salario per difendere 7 minuti di pausa?

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Immagine tratta dal sito del Teatro Stabile dell’Umbria

Questo dilemma attraversa, in modo intenso ed appassionato, lo spettacolo teatrale 7 minuti, scritto da Stefano Massini, autore ricco di talento e di passioni civili, diretto con uno straordinario senso della misura da Alessandro Gassman, ed interpretato in modo realistico, senza nulla concedere alla demagogia e alla retorica, da 11 attrici, tra loro una autentica “Signora del teatro”, come Ottavia Piccolo, nel ruolo di Bianca, la portavoce del consiglio di fabbrica.

La trama si ispira ad una storia realmente accaduta in Francia, quando fu davvero proposto il taglio dei 7 minuti, peraltro in una fabbrica che funzionava, aveva mercato, e non era stata travolta dalla crisi.
Eppure quei “Padroni”, perché esistono ancora, volevano uno scalpo, avevano bisogno di dare un segnale, di cominciare a demolire diritti e garanzie.

Quando Bianca, la portavoce, informa le sue compagne della proposta, la stragrande maggioranza di loro, soprattutto le più giovani e le immigrate, sono pronte ad accettare perché “meglio perdere 7 minuti che non il posto di lavoro“.

Qui sta il cuore di una rappresentazione che non assume mai i toni del comizio o della propaganda, perché i personaggi non sono maschere, ma individui che si confrontano, litigano, si insultano, ma si ascoltano ed interferiscono tra di loro, in modo dialettico.

Così quei 7 minuti, diventano centinaia di ore da regalare in cambio del nulla.
Alle compagne legittimamente impaurite, Bianca risponde invitando le altre a valutare come a quel primo cedimento potrebbero seguirne altri, sino a perdere sia il posto, sia la dignità.

Bianca non le convincerà tutte, alla fine resteranno in parità: cinque contro cinque, l’undicesima non annuncerà il suo voto, ma farà calare il sipario su questa frase: “Sono pronta, ho deciso…”.

L’autore e il regista hanno scelto di farci intuire quel voto ma di non farlo pronunciare dal palco perché l’essenza non sta in quel voto ma nell’atto del decidere, di prendere parte, di non delegare ad altri il proprio futuro.

Alla fine, e non solo nell’anteprima di Narni, applausi che vanno ben  oltre i “7 minuti”, a conferma che esiste anche un’Italia che, quando ne vale la pena, non si astiene, neppure a teatro.

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