powerfluoz“Che cosa avete contro la nostalgia, eh? È l’unico svago che resta per chi è diffidente verso il futuro, l’unico”, dice Toni Servillo nei panni di Jep Gambardella, il protagonista de “La grande bellezza”. La nostalgia, dopotutto, è una delle grandi emozioni pop, ed è indubbio che alcuni dei migliori artisti dei nostri tempi oggi producano opere le cui emozioni primarie rimandano ad altre, nel caso della musica, a musica precedente.

Gionata Costa, violoncellista, già membro fondatore dei Quintorigo e Massimo Marches, chitarrista e già cantante delle Officine Pan, con la loro formazione Miscellanea Beat, dopo aver rivisitato alcuni dei migliori brani dei Beatles, ora con Powerfluo recuperano la Pop music Anni 80, rileggendola in chiave acustica per una selezione che va da Mike Oldfield a Madonna, dai Depeche Mode ai Police, passando per Eurythmics e The Cure, in un vortice di canzoni che hanno segnato una stagione. “Abbiamo scelto ‘belle canzoni’ cercando di rappresentare un po’ tutti gli anni 80 – affermano – e probabilmente non ci siamo riusciti. Anche se nell’immaginario collettivo quel decennio è colore, plastica e consumo oltre al synth-pop, ci sono anche il punk, la new wave. Essere un duo ti porta naturalmente a sperimentare, riarrangiare, ma fondamentalmente facciamo dell’intrattenimento. L’idea era quella di un tributo a qualcosa di popolare, magari preferiamo i Police, ma non potevamo dimenticarci di Madonna o dei Duran”. La raccolta, che comprende 14 brani, va sotto il nome di Powerfluo Acoustic 80s, è una sorta di rivisitazione dell’espressione flower power: da Hippy a Yuppie, e da figli dei fiori a figli del fluorescente, il passo è breve.

Ormai siete una coppia affiatata, di fatto, nell’offrire nuove versioni di celebri brani. Dopo aver rivisitato i Beatles, adesso vi siete cimentati nella riproposizione di brani anni Ottanta. Parafrasando il cantante Raf, cosa credete sia rimasto di quegli anni?
Siamo musicisti e ci limitiamo a parlare di musica. Sicuramente quello che resta sono sempre le canzoni. Le canzoni e non necessariamente le belle canzoni, sopravvivono ai cantanti, agli arrangiatori, ai produttori, alle mode. Specie nella Pop-music, quando si realizza un brano, l’attenzione è verso il ‘suono’ del momento, verso ‘quello che va’. Quando questo ‘suono’ passa di moda, qualche volta anche la canzone passa di moda. Se si torna però alla forma iniziale, la melodia, il giro di accordi, quello che emerge è l’idea e nel tempo ovviamente restano le idee più forti. È come guardare un grande quadro, più ti allontani più lo definisci.

Come sono nati i Miscellanea Beat, perché avete scelto questo nome e come è nata l’idea di rivisitare brani del passato?
Ci siamo conosciuti molti anni fa, perché suonavamo nello stesso locale, ma non avevamo mai collaborato. Mi sono trovato (Marches) senza un violoncellista per una serata sui Beatles, così ho chiamato Gionata per sapere se ne conosceva uno… per fargli capire cosa c’era da fare gli ho mandato una registrazione delle prove. Solo alcune parti, quelle in cui non stonavo, e ho nominato l’Mp3 Miscellanea Beatles. Credo sia stato il computer a contrarlo in MiscellaneaBeat … da lì in poi abbiamo semplicemente continuato a fare musica.

Che risposta avete ricevuto con la precedente operazione relativa ai Beatles?
Il progetto Miscellanea Beat, nasce per “andare a suonare” e aver riproposto i Beatles chitarra-voce-violoncello, ci ha permesso di suonare tanto e soprattutto in contesti diversi. Love is all You need… quello dei Beatles è un repertorio veramente universale, che va al di là delle generazioni, delle idee politiche e dei gusti musicali, ma sicuramente c’è ancora qualcuno che potrebbe esserne conquistato.

Mi parlate di questo disco?
Dopo le registrazioni di Within the Beatles, subito ci siamo messi alla ricerca di un nuovo repertorio da distruggere e ricomporre. Qualcosa che si prestasse a essere rivisitato in chiave acustica, qualcosa di trasversale e altrettanto pop, qualcosa che comunque ci appartenesse. Ma dopo l’esperienza con i FabFour, non c’era niente che ci convincesse abbastanza, così abbiamo deciso di ripercorrere un decennio. Gli anni 80: trionfo dell’elettronica, della plastica e del fluorescente, così in contrasto con i legno dei nostri strumenti, ci sembravano una bella sfida. Qualcuno avrebbe preferito “più”, qualcun altro “meno”, noi abbiamo preferito fare.

Cosa significa per voi “stravolgere” certe canzoni?
Solitamente “stravolgiamo” brani che ci appartengono ed è un po’ come riaprire lo scatolone dei ricordi. L’approccio poi è molto più tecnico. Formano un “pezzo”: melodia, accordi, testo, ritmo. Di base cerchiamo di non toccare la melodia e il testo, per il resto si possono battere più strade. Cambiare il “tiro”, sostituire degli accordi, ricalcare l’arrangiamento originale con altri suoni. In generale quando riusciamo ad allontanarci dall’originale siamo più soddisfatti, ma stravolgere un brano solo perché lo si deve fare non ci interessa. Ad esempio While my Guitar gently weeps, che non abbiamo inserito nel disco sui Beatles perché non ci sembrava una versione abbastanza ‘particolare’ è uno dei momenti più apprezzati dal pubblico.

In un periodo di retromania spinta come questo in cui viviamo, pensate che tutto sia già stato detto e fatto?
La nostra teoria è che l’arte, come l’energia, non si crea, non si distrugge ma si trasforma. Pensiamo sia abbastanza complicato accorgersi dei cambiamento nel quotidiano. Probabilmente, microcambiamenti nel modo di suonare rock, jazz, funk, etc. ce ne sono tutti i giorni da qualche parte, ma magari li avvertiremo meglio tra qualche anno. C’è un’altra questione, l’arte principalmente è sostenuta dal pubblico. In questo momento spesso il pubblico preferisce quello che già conosce, che viene accontentato con reunion, remake, tribute, restyling, lifting. Di conseguenza, chi vive di musica o teatro, che siano artisti, direttori o impresari, tende ad adeguarsi. In questo clima è difficile ipotizzare cambiamenti, ma tutto scorre.

Quale brano vi siete divertiti a coverizzare di più? E quale meno?
Every little things she does is magic è tra le nostre preferite. Finire Lullaby con un risultato soddisfacente, invece , è stato piuttosto laborioso. Rispetto agli altri pezzi di Powerfluo è sicuramente quello che ha richiesto più tempo.

Prossimi progetti?
Suonare!! Poi vedremo… magari un disco di canzoni made in Italy con anche qualche inedito.

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