E’ possibile informare sulla realtà della violenza contro le donne con parole differenti da quelle che solitamente leggiamo sulla stampa, ascoltiamo nei telegiornali o nei programmi dedicati al problema?
Se ne parlerà il 7 novembre al convegno ‘Le parole della violenza. I centri antiviolenza e i media si confrontano su come raccontare la violenza contro le donne (Cappella Farnese, Palazzo d’Accursio, a Bologna), organizzato dal Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna. Interverranno Antonio Farnè, presidente dell’ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, le giornaliste e blogger Marina Terragni e Luisa Betti, Chiara Cretella, assegnista di ricerca presso il dipartimento di Scienze dell’Educazione, la vignettista Anarkikka. Giovanna Ferrari, madre di Giulia Galliotto che fu uccisa dal marito nel 2009, racconterà la metamorfosi di un assassinio che nel linguaggio giudiziario, oltre a quello mediatico, è divenuto una sorta di “delitto d’onore“.
Nel 1996 nel primo convegno della Rete Nazionale dei centri antiviolenza venne affrontato il problema del linguaggio della cronaca nera nei casi di violenze contro le donne. Sono trascorsi quasi vent’anni da allora, eppure non sono avvenuti molti cambiamenti. Oggi si parla molto di violenza contro le donne ma le parole continuano ad essere sbagliate. Raptus, gelosia, delitto passionale non aiutano a comprendere le dinamiche delle relazioni violente. Ho vissuto in prima persona il disagio per la distanza che esiste tra il linguaggio della stampa e la realtà della violenza sulle donne quando lavoravo o collaboravo con quotidiani della mia città e ascoltavo le parole delle donne nel centro antiviolenza.
Oggi come allora, le donne che subiscono violenza sono differenti dal ritratto che ne viene fatto sulla stampa, così come è diversa la narrazione della violenza nella cronaca nera dalla realtà rivelata dalle donne. Una violenza che è presente anche quando non colpisce con insulti o percosse e quando si rivela con brutale e volgare distruttività, non è un fulmine a ciel sereno, e neppure un atto di improvvisa follia. Se nomineremo la violenza con le parole che la smascherano potremo smettere di “fornirle alibi” e anche chi la commette o la subisce avrà maggiori possibilità di riconoscerla.
@Nadiesdaa
Sostieni ilfattoquotidiano.it: mai come in questo momento abbiamo bisogno di te.
In queste settimane di pandemia noi giornalisti, se facciamo con coscienza il nostro lavoro,
svolgiamo un servizio pubblico. Anche per questo ogni giorno qui a ilfattoquotidiano.it siamo orgogliosi
di offrire gratuitamente a tutti i cittadini centinaia di nuovi contenuti: notizie, approfondimenti esclusivi,
interviste agli esperti, inchieste, video e tanto altro. Tutto questo lavoro però ha un grande costo economico.
La pubblicità, in un periodo in cui l'economia è ferma, offre dei ricavi limitati.
Non in linea con il boom di accessi. Per questo chiedo a chi legge queste righe di sostenerci.
Di darci un contributo minimo, pari al prezzo di un cappuccino alla settimana,
fondamentale per il nostro lavoro.
Diventate utenti sostenitori cliccando qui.
Grazie
Peter Gomez
GRAZIE PER AVER GIÀ LETTO XX ARTICOLI QUESTO MESE.
Ora però siamo noi ad aver bisogno di te.
Perché il nostro lavoro ha un costo.
Noi siamo orgogliosi di poter offrire gratuitamente a tutti i cittadini centinaia di nuovi contenuti ogni giorno.
Ma la pubblicità, in un periodo in cui l'economia è ferma, offre ricavi limitati.
Non in linea con il boom accessi a ilfattoquotidiano.it.
Per questo ti chiedo di sostenerci, con un contributo minimo, pari al prezzo di un cappuccino alla settimana.
Una piccola somma ma fondamentale per il nostro lavoro. Dacci una mano!
Diventa utente sostenitore!
Con riconoscenza
Peter Gomez