bettibarsantini_copertina.jpg___th_320_0C’è chi col tempo impara a confezionare bene l’anima, chi invece continua a incendiarne il fiocco. Proprio come i BettiBarsantini, band formata da Marco Parente e Alessandro Fiori, personaggi non nuovi nel panorama musicale italiano, avendo entrambi alle spalle carriere pluriennali. Insieme hanno dato vita a questo progetto goliardico, il cui nome è un tributo alla ex regina del Tg regionale toscano, Betty Barsantini. Il disco d’esordio, omonimo, è contraddistinto dallo spirito punk patologico dei due protagonisti, anche se il sound è in predominanza very popular reggendosi su tracce di harmonium, chitarre slide e pattern ritmici che creano atmosfere suggestive.

I testi, a partire da Dissocial Network, pezzo paradigmatico dell’addizione compositiva Fiori-Parente, contengono in sé lo spirito del tempo: “Il nostro merito – raccontano – è stato solo quello di metterci a nudo uno di fronte all’altro, in senso figurato beninteso, senza farci scudo dei nostri ‘metodi’, pronti a farci arricchire reciprocamente dalle grammatiche e dall’immaginario poetico dell’altro”. Il brano che segue, Le parole è un esempio di come, la forma canzone, per chi la manipola, più che un’arma diventa un rifugio. Amleto è l’elogio dell’errore: qui si invita non a evitare l’errore, piuttosto a imparare a sbagliare. Terza Guerra Mondiale è un brano che parla d’attualità, come il brano d’apertura del disco. Qui si afferma che siamo in piena terza guerra mondiale, ma finché la tv non ce lo dice, la tv non lo trasmette, non è vero, niente è vero. Un occhio al presente è una riflessione sui dubbi che si nutrono riguardo all’autorevolezza dell’informazione ‘ufficiale’. Pavoni è un disincantato quadretto di neo-paternità, nonché un ricordo affettuoso del primo studio Ibexhouse nel Piacentino dove ebbero inizio le registrazioni guidate da Guido Andreani. Il brano che segue, Puzza di sangue è la canzone più cruda, sulla solitudine, dedicata al compianto Carlo Monni, l’attore toscanaccio che in più d’un’occasione ha fatto da spalla a Roberto Benigni. Il testo de Il linguaggio nasce da un’affermazione sentita dire da qualcuno: “Il linguaggio è un virus”. “Oggi – dicono – potremmo dire che è solo mera esigenza fisiologica”. Lucio Dalla è stata scritta di getto durante le prime session di registrazione ed è stata immediatamente inserita nel disco. “Non è altro che il pudico ricordo di un incontro notturno e alcolico tra me – racconta Marco Parente – e il Maestro nella Bologna di fine anni 90”. Qualcuno avrà pur le idee chiare è il primo pezzo scritto dai BettiBarsantini per i BettiBarsantini: canzone sognante che issa bandiera bianca, che appunta una dolcissima resa. Buon compleanno (all’universo), infine, altro non è che il saluto e il ringraziamento a coloro che sostengono la band e che hanno reso possibile il disco, uno scherzo di chiusura, titoli di coda dentro il film.

BettiBarsantini è un album che sorprende per la sua autenticità e non è un caso che sia tra i dischi candidati alla vittoria nelle Targhe Tenco alla categoria ‘Miglior Opera Prima’: “Essere finalisti ha un doppio valore per noi: da una parte premia il duro e buon lavoro svolto porta a porta, con più di 50 live in tutta la penisola da gennaio a oggi; dall’altra stabilisce finalmente che i BettiBarsantini sono a tutti gli effetti una neo band, nonostante i due nomi navigati che la compongono. Non è stato immediato far sganciare il pubblico dall’affezione personale a Parente e/o a Fiori, e sicuramente il prestigio e l’autorialità del Club Tenco conferiscono definitivamente una propria indipendente identità ai BettiBarsantini”.

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