Salvò ufficiali inglesi rinchiusi su un treno diretto ad Auschwitz, liberò prigionieri, sfamò rifugiati. E quando la Seconda Guerra Mondiale finì, dedicò la sua vita ad aiutare i giovani, costruendo la Città dei Ragazzi di Modena, punto di riferimento e casa per intere generazioni in difficoltà. E’ morto il 19 ottobre a 101 anni, don Mario Rocchi, ricordato dall’Italia così come dall’Inghilterra tra i più alti esempi di cattolicesimo sociale. Il sacerdote che, assieme a don Elio Monari, trucidato dall’esercito nazifascista, salvò la vita di un gruppo di soldati britannici accompagnandoli sino allo Stato Vaticano, guadagnando così la gratitudine della Regina Elisabetta II, che lo ricordò nel suo discorso della Corona.

Ma anche il ‘don’ di tanti giovani, italiani e stranieri, che a partire dal dopoguerra crebbero e crescono tutt’oggi fra le mura della Città dei Ragazzi, scuola professionale e luogo d’aggregazione nato per insegnare alle nuove generazioni un mestiere. Quello dell’artigiano, del meccanico, dell’elettricista. Una realtà fondata dal sacerdote nel 1947, e costruita pietra su pietra anche con il contributo della sovrana inglese, di Papa Pio XII, e di una sottoscrizione realizzata in Gran Bretagna, terra che non dimenticò mai l’aiuto che il prete fornì ai connazionali in tempo di guerra. Una città nella città, a Modena, che dà rifugio per giovani scampati alla guerra nel tempo è cresciuta, trasformandosi un istituto che forma nuovi professionisti al passo con le esigenze del mondo del lavoro, e che ospita attualmente 250 minorenni.

“E’ una perdita che addolora tutta la città – è il messaggio di cordoglio del sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli – ricorderemo don Mario Rocchi per il suo instancabile impegno nell’aiutare tutti, e in particolare i più giovani, per l’esempio di generosità e altruismo che ha dato in tutta la sua vita, e per la capacità di concretizzare le sue idee, con passione ed entusiasmo”. Nato a Montefiorino, in provincia di Modena, nel 1913, don Rocchi venne ordinato sacerdote nel 1938. Durante la Seconda Guerra Mondiale si distinse per il suo contributo alla Resistenza, salvando, cioè, prigionieri italiani e alleati dall’esercito nazifascista, offrendo loro un rifugio, un pasto caldo, un futuro. Nel 1944 decise di avviare un oratorio a Modena, in un’area che un tempo era paludosa ma che poi divenne via Tamburini, sede della Cdr.

Nel 1947, quindi, iniziò la faticosa ricerca di fondi per costruire la Città dei Ragazzi, in un’epoca in cui i fondi scarseggiavano, la fine della guerra e un’Italia da ricostruire. Ma gli aiuti alla fine non mancarono: intervennero, in favore del suo progetto, imprenditori del territorio emiliano romagnolo, emigrati italiani all’estero, pure dalla lontana America, prelati, e anche il Papa, Pio XII. E gli inglesi, che oltre a finanziare don Rocchi vennero a Modena per visitare il centro appena costruito, con la rivista britannica Everybody’s che scrisse in un reportage di quell’incontro il sacerdote modenese. “Sedemmo ad un lungo tavolo da conferenza e tutti i ragazzi si fecero largo nella sala da concerti ridendo e schiamazzando felici – scrive Everybody’s – il pensiero andò a Don Monari e Arturo Anderlini, due uomini che mai vacillarono nella lotta contro l’oppressione e che pagarono la loro devozione con la vita. C’erano molti altri come loro, non solo a Modena ma in tutta l’Italia, nelle città e nelle campagne, che rischiarono la prigione, la tortura e la morte per aiutare i prigionieri alleati a ritrovare la libertà. Subito dopo l’armistizio con l’Italia c’erano 20mila prigionieri di guerra britannici di cui la maggior parte fuggì. Quello che stiamo facendo ora, raccogliendo fondi per una delle case nella Città dei Ragazzi, compenserà una parte – una piccola parte – del debito di gratitudine che tanti di noi hanno. Molti ex prigionieri di guerra vivono oggi in pace e sicurezza con le loro famiglie grazie a uomini coraggiosi che considerarono la causa della libertà al di sopra delle loro vite”. “La scomparsa di Don Rocchi ci lascia un grande dolore – lo ricordano oggi i ragazzi della Cdr – ma ci lascia anche un messaggio di speranza”. Le parole, cioè, del suo testamento, un ultimo pensiero rivolto ai suoi ragazzi: “Dal cielo, se il Signore mi riterrà degno di accogliermi, pregherò per tutti e continuerò a lavorare per i Ragazzi”.

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