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Marte, “fotografato un femore animale”. La Nasa tace, ma probabilmente è un sasso

I "cacciatori di alieni" trovano un oggetto simile a un osso in un'immagine della sonda MastCam, ma secondo l'agenzia spaziale potrebbe essere una pietra erosa da venti e altri agenti atmosferici. Intanto partono le prove di sopravvivenza sul pianeta rosso. Partecipa anche l'Italia con gli studiosi di Roma Tor Vergata
Marte, “fotografato un femore animale”. La Nasa tace, ma probabilmente è un sasso
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Qualcuno dice che potrebbe essere un femore, in realtà la Nasa non sembra molto colpita. Quello che è certo è che tra gli appassionati del genere si è già scatenato il dibattito: cos’è quell’oggetto fotografato il 14 agosto scorso dalla sonda MastCam? L’oggetto che potrebbe somigliare a un osso animale si trova in mezzo ad alcuni pezzi di roccia. E lo stesso “femore” in realtà per gli esperti sarebbe un altro sasso, eroso “a dovere” da agenti dell’atmosfera marziana. Nel corso degli anni, d’altra parte, alcuni di coloro che si sono concentrati sulle immagini provenienti da Marte hanno affermato di aver visto un po’ di tutto: da un dito a un’iguana. 

Ma, come detto, la Nasa resta prudente, anzi. “Su Marte, come sulla Terra, a volte le cose possono assumere un aspetto insolito” scrisse l’agenzia spaziale lo scorso anno, come ricorda la versione statunitense dell’Huffington Post

Nel frattempo sempre di Marte si parla per due test in cui partecipa anche l’Italia: si tratta di prove generali di sopravvivenza sul pianeta rosso nelle quali batteri che sulla Terra vivono in ambienti estremi sono stati esposti alle radiazioni cosmiche in speciali contenitori agganciati all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale. Arrivati sulla stazione orbitale il 14 luglio scorso, i batteri, insieme a grandi molecole, sono stati portati all’ esterno dai cosmonauti Oleg Artemyev e Alexander Skvortsov, nella passeggiata spaziale del 18 agosto. Scoperti a metà degli anni Settanta in Antartide, queste speciali cavie sono cianobatteri e ricavano energia dalla luce tramite la fotosintesi. Hanno colonizzato anche le rocce del deserto cileno di Atacama e quelle rosse del deserto del Mojave, simili a quelle marziane, osserva Daniela Billi, direttore del Laboratorio di Astrobiologia dell’università di Tor Vergata, che coordina i test per l’Italia e che da anni studia questi microrganismi.

I test si chiamano Boss (Biofilm Organisms Surfing Space) e Biomex (BIOlogy and Mars Experiment), sono coordinati dall’Agenzia Spaziale tedesca Dlr e l’Italia vi partecipa con l’università di Roma Tor Vergata e il finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana. Sono stati rinchiusi in speciali contenitori chiamati Expose-R2, prodotti dall’Agenzia Spaziale Europea e ora agganciati all’esterno del modulo russo della stazione orbitale, Zvezda.

L’esperimento è appena inizi e le attese sono grandissime: per Billi lasciano sperare i risultato dei test condotti a Terra, nei laboratori della Dlr a Colonia: una volta reidratati dopo essere stati esposti a un ambiente marziano, i cianobatteri sono riusciti a riparare i danni indotti al Dna. E’ un dato, rileva Billi, che “suggerisce una loro potenzialità nel riparare i danni accumulati durante la missione Expose-R2”. Nella missione in corso, aggiunge, batteri e macromolecole saranno esposti a una combinazione di vuoto, estremi di temperatura, radiazioni cosmiche e solari, impossibile da simulare a Terra. “La vita come noi la conosciamo – prosegue – ha bisogno di acqua allo stato liquido, questi cianobatteri ci stupiscono per la loro capacità di spegnere il metabolismo, stabilizzare le strutture subcellulari nello stato disseccato, e riaccendere l’attività metabolica quando reidratati: un fenomeno noto come anidrobiosi”, ossia vita senz’acqua.

In ottobre verrà rimossa la schermatura solare dai contenitori Expose-R2. Quindi i batteri resteranno esposti ai raggi cosmici per un periodo compreso fra un anno e un anno e mezzo, quindi torneranno a Terra, dove saranno osservati gli effetti prodotti sui microrganismi da un ambiente alieno.

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