King Felipe VI, LetiziaFelipe VI avvia l’operazione trasparenza. Il nuovo monarca cerca così di recuperare l’immagine della Corona, parecchio sbiadita da scandali finanziari che hanno scosso la famiglia e il paese.

Due le mosse messe in campo dal palazzo reale de “La Zarzuela”: limpidezza e comprensibilità dei conti della monarchiacodice etico di condotta per i membri della Corona. I conti verranno affidati a un collegio di revisori esterni, misura mutuata dalle principali case reali europee, quella inglese, danese e norvegese da tempo rimettono a controllori indipendenti la vigilanza sui conti. Il codice etico prevede che i membri della Famiglia Reale non possano svolgere attività lavorative né percepire retribuzioni da società private.

Un precetto che non potrà avere effetti immediati vista la giovane età delle figlie di Felipe e Letizia, ma che, se adottato qualche anno fa, non avrebbe consentito alla sorella del monarca, Cristina di Borbone, “Infanta de España”, di essere coinvolta nel “Caso Nóos”, affare torbido che vede come protagonista il marito Iñaki Urdangarín. La condotta del genero dell’ex monarca Juán Carlos ha messo a dura prova la reputazione dei reali, implicato fin dal 2011 nel “Caso Nóos” – vicenda che prende il nome da un istituto dedito al mecenatismo, apparentemente senza scopo di lucro – Urdangarín avrebbe ricevuto dallo Stato cospicui finanziamenti per eventi spesso nemmeno realizzati.

Indagato dalla Procura anticorruzione per malversazione, frode fiscale, riciclaggio di capitali, Urdangarín è oramai un ex membro della Famiglia Reale, escluso dagli atti pubblici ufficiali, il suo nome è rimosso anche dal sito web dei regnanti.

Lo scorso 25 giugno l’inchiesta ha subito un’accelerazione: José Castro Aragón, giudice del tribunale di Palma de Mallorca, ha richiesto il rinvio a giudizio per la “Infanta” Cristina per frode fiscale e riciclaggio di denaro. In 167 pagine il giudice ha ricostruito come la “Infanta” avrebbe tratto benefici dagli affari presuntivamente illeciti del marito, spiegando che esistono “numerosi indizi che dimostrano come doña Cristina sia intervenuta, da una parte, per ottenere un utile diretto e, dall’altra, fornendo i mezzi perché l’ottenesse il marito”. Delitti gravi, fondati, secondo il giudice Castro, su un incrocio di fatture fittizie e su una ragnatela di società con ramificazioni in paradisi fiscali, le pene previste dal codice penale spagnolo vanno dai 18 mesi ai 16 anni di carcere.

Il rinvio a giudizio del giudice Castro è stato impugnato dalla difesa della “Infanta” e dal pubblico ministero Pedro Horrach, il prossimo settembre è prevista la decisione dell’organo superiore (la Audiencia di Palma de Mallorca), un collegio di tre giudici sarà chiamato a decretare, in via definitiva, se processare Cristina di Borbone.

Il fragore del Caso Urdangarín e il possibile rinvio a giudizio di Cristina di Borbone hanno suggerito la nuova strategia per tamponare il calo di popolarità dell’antica Corona. La lenta marcia verso l’obiettivo chiamato trasparenza aveva portato già due anni e mezzo fa alla pubblicazione del primo rendiconto reale: oltre 8 milioni di euro è la somma elargita dal Governo alla monarchia. Per la prima volta si sono resi pubblici gli stipendi dispensati alle teste coronate: 292.000 euro a Juán Carlos, la metà al figlio Felipe. Tra poche settimane si getteranno le basi per il prossimo esercizio nel quale si fisserà l’agenda dell’ex Monarca e la sua nuova retribuzione.

Poi sarà la volta dei revisori contabili esterni, l’attenta supervisione dei bilanci della famiglia potrà contribuire a far riconquistare credibilità ad una istituzione antica, parecchio usurata dal tempo e da certi discutibili eventi.

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