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Cinema, ‘The Selfish Giant’: emarginati e vicini al gigante

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Il cinema sociale inglese, da Ken Loach a Stephen Frears, ci ha abituati a storie ambientate nelle periferie delle città britanniche, ai margini di una società che il governo thatcheriano negli anni 80 ha da un lato risollevato e dall’altro portato vicino al baratro. Oltre vent’anni dopo Riff Raff, il bellissimo film di Ken Loach che raccontava uno spaccato della vita proletaria inglese, nuovi autori crescono ancora con il desiderio di parlare di quel genere di storie. Nel caso di The Selfish Giant siamo lontani da Londra, nelle periferie operaie del nord, e la storia, tragica e magistralmente raccontata, è quella di due ragazzini emarginati.

La regista: Clio Barnard è una regista inglese di 49 anni. Insegnante di cinema all’università di Kent, ha esordito nel 2010 con un film, The Arbor, a metà tra documentario e fiction, che le ha regalato numerosissimi riconoscimenti tra festival e premi della critica.

Gli interpreti: I due ragazzini protagonisti del film, Conner Chapman e Shaun Thomas, sono esordienti. Tra gli adulti, il “selfish giant” del titolo è interpretato da Sean Gilder, conosciuto soprattutto per le serie Shamelesse Doctor Who, mentre il volto più conosciuto è quello di Steve Evets, protagonista di tanti film del cinema sociale inglese degli ultimi anni.

La trama: Arbor e Swifty sono due ragazzini che vivono a Bradford, in un’area disagiata del nord dell’Inghilterra. Il primo soffre di un problema di iperattività, il secondo è buono e tranquillo, ma si fa coinvolgere dalle azioni di Arbor. Sospesi da scuola, entrambi iniziano a fare piccoli furtarelli per guadagnare qualche sterlina per le proprie famiglie.

La recensione: Iniziando a guardare il film di Clio Barnard, mi chiedevo come sarebbe stato possibile adattare un racconto tragico ma pieno di speranza come Il gigante egoista di Oscar Wilde in un film ambientato nelle periferie inglesi. Un’ora e mezza dopo, non ho potuto far altro che rimanere a bocca aperta, asciugandomi una lacrima. Perché la regista inglese, che già aveva sorpreso con lo straordinario documentario The Arbor, è riuscita a estrarre tutto il pensiero di Wilde e a farlo diventare una storia diversa ma altrettanto sorprendente. Lo ha fatto incollando la telecamera ai due bravissimi giovani attori, che sono la grande forza del film. La loro storia è raccontata così da vicino, e con tale realismo, da non rendere possibile alcun pietismo nei loro confronti: le vite, le speranze, sono segnate, e il loro destino è già scritto. Gli adulti sono terribilmente distanti: i genitori sono figure sempre impegnate a far altro per cercare di sopravvivere, e l’unica persona con cui riuscire ad avere qualche rapporto è il gigante egoista del titolo, un violento rottamaio in cui però i ragazzi intravedono finalmente una luce. Ma non c’è tempo per alcuna speranza, e per poter ricevere un abbraccio è necessario riuscire a superare l’evento più tragico.

Il commento del critico: Il film di Barnard è così ossessivamente perfetto e ti fa così tanto accapponare la pelle mentre lo guardi, che subito dopo la fine difficilmente ti rendi conto di tutto quello che hai appena visto. Robbie Collin, The Telegraph.

I premi vinti: Il film è stato presentato nella Quinzaine des Réalisateurs di Cannes del 2013, vincendo il premio Europa Cinemas. Ha poi partecipato e vinto premi in moltissimi altri festival, tra cui quelli di Londra, Gent, Stoccolma e Palm Springs. Ai British Independent Film Awards ha ottenuto 7 nomination, vincendo il premio per il miglior cast, mentre il London Critics Circle l’ha eletto film dell’anno.

L’homevideo: Il blu-ray del film contiene il finale alternativo e un’intervista alla regista e ai due giovani attori protagonisti.Sono disponibili sul web i sottotitoli in italiano.

Il trailer





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