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Gerontocrazia pubblica: per fortuna, la dirigenza uscirà a 70 anni

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La staffetta generazionale nell’amministrazione pubblica marcia speditamente grazie alle nuove regole annunciate dal premier Matteo Renzi.  

Un paletto, la soglia di età a 70 anni, sembra confermato e ai dirigenti verrà negata la possibilità del “trattenimento in servizio”. Infatti nel passato alcuni  corpi scelti della Pubblica Amministrazione hanno goduto di deroghe: in testa i magistrati, seguiti dai professori universitari, dai medici ospedalieri con incarichi direttivi.

La discussione della soglia è questione centrale e complessa. La speranza di vita, le migliorate condizioni di alimentazione e di cura hanno spostato i riferimenti tradizionali delle età. Tuttavia 70 anni è un limite ragionevole per guidare una struttura organizzativa, in linea con quanto sta accadendo nel mondo dell’impresa. L’abbiamo visto come criterio principale per le nomine nelle imprese pubbliche.

Naturalmente ogni categoria avanza motivi per rinviare l’uscita dal lavoro. La decapitazione dei capi degli uffici della magistratura e dei tribunali porterebbe al blocco della funzionalità dei tribunali e viene agitata come un rischio della riforma in tempi stretti. Sergio Rizzo su il Corriere della Sera calcola che il 5% dei magistrati sarebbe toccato dalle nuove norme e 2 su 3 ricoprono posizioni apicali. Soprattutto gli interessati invocano l’interesse pubblico a non disperdere le loro competenze.

Argomenti poco convincenti: c’è da chiedersi ad esempio perché non si sia pianificata la successione dei quadri dirigenti. Ma il quesito principale verte sull’esistenza delle preziose competenze manageriali che andrebbero disperse. Si  può cogliere un’opportunità approfittando dell’età? Questi corpi non sono particolarmente reputati per le prestazioni offerte alla società italiana! Una riflessione sembra decisiva: i campioni di ieri non appaiono nella posizione migliore per affrontare  un mondo diverso. Se gli ambienti rimangono stabili, l’esperienza avvantaggia i competenti anziani, ma con i cambiamenti sempre più veloci in corso, sociali, economici, tecnologici, l’esperienza passata anche nella Pa rischia di essere solo un fardello che appesantisce il passo.

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