Santarossa IlMaleL’uomo blu conduce il mezzo d’acciaio all’interno del lago d’asfalto. Moltitudini di auto si mescolano nei colori nucleari: grigi metallizzati, bianchi perlati, neri luccicanti, rossi e gialli e versi abbaglianti. Tutte le tonalità della continua esplosione atomica che ha generato questa distesa di ferro e motori e di olio e di liquidi e di ingranaggi e di nervi elettrici; spianata silenziosa di abominevoli esseri immobili, illuminati dalle carcasse dal sole pallido, in attesa dei padroni divenuti a loro volta schiavi di produzione. Metallo che attende la propria carne, quanto la carne desidera il proprio metallo. Lo stesso amore. Lo stesso destino. La stessa fine.

Una scrittura oscura, ossessiva, visionaria che affronta temi reali, miserie e devastazioni quotidiane. Massimiliano Santarossa dopo il magnifico affresco del nordest italiano fatto con “Viaggio nella notte” (Hacca Edizioni) continua il suo percorso tra gli emarginati, gli sconfitti e i morti viventi che popolano le periferie infinite delle nostre città nell’apocalittico “Il male” (Hacca Edizioni).

Una sorta di reportage narrativo redatto da Lucifero, il principe delle tenebre, il figlio di luce nera, che per dieci volte entrerà, abiterà, esplorerà i corpi dei dannati in vita: una bimba stuprata dal padre, un tossicodipendente, un operaio che perde il lavoro, un barbone, una prostituta, un disabile, un’anziana chiusa in un ospizio, un ragazzo che vive con il padre malato, un maiale condotto al macello, un indemoniato sottoposto a un esorcismo.

In fondo alla stanza, raggomitolati su loro stessi, quattro uomini e due donne tengono in vita una fiamma azzurra. Il fuoco illumina i volti scavati, incolore, affilati come il profilo della morte. Sono sporchi di polvere e terra e pioggia. Pieni del vizio che gli uomini anno prima creato e poi nominato crack. Aprono bocche senza denti. Chiudono occhi senza colore. Hanno corpi senza carne. Stanno piegati sopra piccole pipe riempite dello stesso veleno che scorre nelle vene del giovane semivivo. Sono identici: sono popolo.

Lucifero vive il delirio, le ossessioni, le perversioni, le distorsioni della nostra società postmoderna. Descrive la moltitudine di periferie abbandonate, gli innumerevoli luoghi di perdizione, le profonde paure degli uomini Il principe di luce nera, senza mai intervenire o apparire, vivrà e subirà il male in terra compiendo un vero viaggio ad infera, alla scoperta di cosa l’uomo moderno è in grado di fare. Al termine rimarrà la visione di un inferno terrestre ben più atroce, violento e osceno degli inferi stessi, e il peso insopportabile di una profezia svelata. Dalle pagine del romanzo escono come un fiume in piena le voci, i volti, le situazioni che dipingono il ritratto sconvolgente di una società in frantumi, tutto con uno stile narrativo visionario e allo stesso tempo realista. “Il male“, un romanzo che capovolge le nostre sicurezze, che rimette in discussione i luoghi del bene e del peccato, l’inferno e il paradiso, il reale e l’irreale.

Lo stile ossessivo di Santarossa a tratti mi ha ricordato i primi lavori di David Peace, l’eco dell’inquinamento, dei cieli grigi, degli uomini che deambulano sopraffatti dal progresso e dalla macchina del lavoro industriale. “Il male” è un romanzo straniante, duro, beffardo, capace di radiografare una società senza più possibilità di redenzione. Un nuovo “Viaggio nella notte”.

L’assalto delle bestie al mangime industriale, nucleare, è immediato. In esso cercano riparo e dimenticanza. È materiale all’apparenza commestibile, creato dall’uomo per aumentare il peso della bestia, contiene pezzi di altri animali, frantumazione dei maiali morti nel trasporto; le ossa e le vene e il grasso, il sangue raggrumato, tutto viene polverizzato e pressato in questi grani pronti a subire la digestione e in essa continuare il percorso della inestinguibile malattia. Questo è il veleno dei popoli e che ai popoli tornerà.

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