Non è un match. Gian Paolo Serino versus l’editoria, neanche fosse quest’ultima una specie di imprecisato golem, tutto dedito a tramare dietro le cose e quel che a noi umani sfugge. No, affatto. Soltanto che le questioni sollevate da Serino sono lì, basta leggere. L’ultima sul presunto plagio di Antonio Scurati…a se stesso. Per sua ammissione, il critico letterario Gian Paolo Serino si sente in guerra, tant’è pubblica su Satisfiction, la rivista da lui fondata e diretta, l’ennesima bordata a un sistema editoriale – come scrive Pippo Russo, nel suo pezzo che potete leggere qui – “ormai incapace d’autoverifica, e di un circo dei premi letterari che andrebbe definitivamente sbaraccato per manifesta non credibilità”.

Scurati secondo Serino arriva allo Strega portando un romanzo da copia e incolla. I romanzi in questione sono ‘Il bambino che sognava la fine del mondo’ (2009) e ‘Il padre infedele’ (2013), entrambi per Bompiani. Ci sono brani che potete verificare da voi stessi, ma il punto è questo? Bé sì, un po’ è anche questo. Non è una condanna, per quel che mi riguarda, non è tantomeno un neo, non so, credetemi, nemmeno come io stia realizzando un fatto del genere, in quanto lettrice, destinataria di questa specie di golem neanche lo fosse (o forse sì) tutto dedito a. Non so, è vero? Sono somiglianze, ok, è un plagio? Non rispondo. Ho appena finito di leggere i lunghissimi strascichi alla polemica Roversi-Buozzi.

Lo scrittore giallista Paolo Roversi intervista Bea Buozzi, sul Corriere della Sera. Bea Buozzi ha firmato una trilogia alla Kinsella per Mondadori. Non la conoscevo. Roversi non lo dice all’interno del pezzo, ma è ancora una volta Gian Paolo Serino a spiegare: Bea Buozzi è la moglie di Roversi. Oh noooo. Saranno pure bordate, quel che vi pare, ma accidenti sta franando tutto da queste parti, su facebook è già una sollevazione, una specie di mani pulite virtuale, ci sono posizioni precise, qualcuno è salito sulle barricate al grido: “staniamoli tutti!”. Qualcuno è restato giù soltanto per preparare i cannoni sulla piazza. Abbiamo abbastanza pelo nello stomaco? No, per niente. Mi ripeto, quando dico: nessuno è innocente. Non mi sento – per quel che mi compete – migliore, soltanto una cosa: almeno basta con i libroidi?

Libroidi è una questione difficile da affrontare, dove farli finire in salumeria o in sala d’attesa di un centro estetico. O in libreria accanto a Curzio Malaparte o al piano di sotto insieme agli outlet (per non chiamarla mondezza, vedi tu quanto charme nell’uso improprio di inglesismi), ai ricettari di nonna Belarda e alle avventure di una starletta dopo un lifting all’ombelico. Non sono migliore, figuriamoci. Sono incazzata, un po’. 

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