Il collante dei partiti euroscettici è il riferimento a un’Europa “tedesca”. Come mostrerebbe il surplus commerciale della Germania nei confronti dei partner dell’area euro. Ma l’avanzo commerciale tedesco è alto solo verso alcuni paesi, come Francia e Austria.

di Francesco Daveri* (lavoce.info)

Euroscettici a Strasburgo

Alle elezioni europee del 25 maggio i partiti euroscettici hanno ottenuto un notevole successo elettorale. In Francia, al Front National di Marine Le Pen è andato un quarto dei consensi, con lo slogan “La nostra gente chiede solo una politica: la politica dei francesi per i francesi”. Nel Regno Unito il partito indipendentista (UKIP) di Nigel Farage ha raggiunto il 27 per cento dei voti mettendo al centro del suo programma elettorale l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Dopo il “bastaeuro tour”, la Lega Nord di Matteo Salvini ha superato il 6 per cento delle preferenze in Italia. E anche all’interno dello stabile quadro politico tedesco il partito anti-euro AfW (Alternative fur Deutschland) ha raggiunto il 7 per cento e sarà quindi rappresentato per la prima volta a Strasburgo. Nell’insieme, i partiti euroscettici avranno una quarantina di delegati all’interno del nuovo Parlamento europeo. Il loro successo elettorale marca una chiara discontinuità rispetto al passato che richiede di essere interpretata.

Il surplus tedesco con l’Eurozona non è eccessivo

Fuori dalla Germania, il collante dei partiti euroscettici nei paesi dell’Eurozona è stato il riferimento martellante a un’Europa “tedesca” che con l’euro ha (avrebbe) fatto solo gli interessi della Germania. Molti hanno puntato il dito contro il surplus commerciale tedesco nei confronti degli altri paesi dell’area euro. Un eccessivo avanzo commerciale deriverebbe da “eccessive” esportazioni e “troppo scarse” importazioni, ambedue segni di unatteggiamento egoistico della Germania, incline a sottrarre mercato e posti di lavoro ai partner europei con le sue esportazioni senza poi fare la sua parte in termini di accresciute importazioni.

I dati sui flussi complessivi di commercio internazionale tra la Germania e i suoi partner commerciali sono tuttavia solo parzialmente coerenti con questa visione (peraltro basata sul falso presupposto che un euro esportato da un paese è uguale a un euro in meno prodotto nel paese di destinazione). In ogni caso, è vero, nel 2013 la Germania presenta un avanzo positivo di bilancia commerciale – l’eccesso delle esportazioni sulle importazioni di beni e servizi – che sfiora il 7 per cento del Pil. Un avanzo così elevato nei conti con l’estero è unico in Europa, essendo semmai caratteristico solo di esportatori di materie prime, come i paesi arabi o la Russia, oppure di paesi emergenti che dell’export manifatturiero hanno fatto la locomotiva del loro sviluppo, come la Cina.
Ma ben 5 dei 7 punti dell’avanzo commerciale tedesco nascono dagli scambi tedeschi con il resto del mondo diverso dai paesi dell’Eurozona. L’avanzo tedesco verso i paesi dell’area euro è dunque solo di due punti di Pil. Pare che sia Barack Obama a doversi lamentare della Germania più che i paesi dell’Eurozona (e lo ha fatto nel novembre 2013). Si può però anche aggiungere che i 2 punti di avanzo commerciale di oggi nei confronti dell’Eurozona erano quasi 5 prima della crisi nel 2007 e erano invece meno di 3 nel 1999, nel primo anno di introduzione dell’euro. Anche se i tedeschi esportano più di quanto importano dagli altri paesi dell’area euro, durante la crisi post-2007 il loro export è diminuito e le loro importazioni da questi paesi si sono invece accresciute, riportando il loro surplus commerciale di oggi più o meno ai livelli pre-euro.
Vista con gli occhi di oggi, quindi, l’introduzione dell’euro è stata neutrale sui conti con l’estero della Germania rispetto agli altri paesi dell’Unione. Non solo: vuoi in conseguenza di sforzi specificamente destinati a questo obiettivo, vuoi a causa della crisi che ha determinato una drammatica divergenza nei tassi di crescita tra le aree centro-nord e sud dell’eurozona, i dati di export e import tedesco mostrano che, nei sei anni che vanno dal 2007 al 2013, la Germania ha dato un contributo non marginale alla correzione degli squilibri all’interno dell’area euro.

L’avanzo e la signora Le Pen

Ma allora, se va tutto bene, da dove vengono i consensi della signora Le Pen? Per rispondere bisogna guardare oltre i flussi aggregati di scambi e concentrarsi sugli scambi bilaterali. In un recente lavoro, Andreas Rees effettua proprio questo tipo di disaggregazione e mostra l’evoluzione della bilancia commerciale tedesca nei confronti di ognuno dei principali paesi dell’eurozona, decomponendo la variazione del saldo commerciale tra il 2007 e il 2013 in funzione della variazione dei flussi di export e di quella dei flussi di import. (1) I risultati (riportati nella tabella) indicano la presenza di situazioni molto differenti che aiutano a capire l’avanzata degli euroscettici.

Il surplus commerciale della Germania nei confronti dei paesi dell’Eurozona, 2007-13

 Nella prima riga della tabella si legge che l’avanzo commerciale della Germania nei confronti della Francia è aumentato nel corso del tempo. Mentre – lo dicono i dati aggregati – la Germania riequilibrava i suoi conti esteri con l’Eurozona nel suo complesso, lo squilibrio estero è invece addirittura cresciuto nei confronti della Francia, a fronte di un marcato aumento dell’export tedesco in Francia (+9,5 per cento) e di un solo modesto incremento dell’import tedesco dalla Francia (del 2 per cento). Tra i paesi nella tabella, anche in Austriail surplus tedesco è rimasto molto elevato (vicino ai 20 miliardi di euro). E anche in Austria il partito euroscettico Freedom Party (FPO) ha sfiorato il 20 per cento dei voti, in crescita di 7 punti rispetto alle elezioni del 2009. Negli altri paesi dell’Eurozona dove il surplus tedesco è diminuito (Italia, Spagna, Portogallo, Olanda e Belgio), spesso a seguito della combinazione del calo dell’export e dell’aumento dell’import, l’affermazione degli anti-euro è stata più contenuta.

Sulla base dell’evidenza di oggi, non c’è bisogno di aderire a improbabili teorie mercantiliste del passato per concludere che un graduale riequilibrio dei conti con l’estero della Germania porterebbe con sé non solo una maggiore stabilità economica dell’Eurozona, ma anche una sua maggiore stabilità politica.

(1) Andreas Rees, Unicredit Weekly Focus, n. 99, March 20, 2014.

*Francesco Daveri insegna Scenari Economici presso l’Università di Parma. E’ anche docente nel programma MBA della SDA Bocconi. Ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale, la Commissione Europea e il Ministero dell’Economia. La sua attività di ricerca riguarda la relazione tra le riforme dei mercati, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Il suo libro più noto è Centomila punture di spillo (scritto con Carlo De Benedetti e Federico Rampini, Mondadori 2008). Scrive sul Corriere della Sera. Redattore de lavoce.info. Segui @fdaveri su Twitter oppure su Facebook

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