Un giovane scrittore, Gabriele Dadati, incontra un vecchio scrittore, Manlio Castoldi. Il giovane scrittore esiste nella realtà. Il vecchio scrittore è una pura invenzione letteraria che si rifà, forse, a qualche figura di intellettuale italiano realmente esistito. Il vecchio scrittore si presta alla realizzazione di un libro-intervista per il Corriere della Sera, libro-intervista di cui il giovane scrittore sarà autore. Il vecchio scrittore vive vicino Monza e raccontare la Brianza è stato il compito che l’ha impegnato per tutta la vita. Non la Brianza che incantò Stendhal, ma il vertice inferiore della cosiddetta banana blu, ossia la dorsale economica europea che unisce la Lombardia con Londra, passando per Austria, Baviera e Paesi Bassi.

L’incontro tra i due avviene nel 2009. Sono i primi anni della crisi, e la Brianza è la roccaforte dell’economia italiana che tenta di resistere. Ma la crisi si fa sentire anche in queste terre, dove quello che sembrava un inossidabile tessuto produttivo, spina dorsale del Paese, appare intaccato dalla malattia dell’ultimo ventennio: l’edonismo. Castoldi, il vecchio scrittore, dice che un tempo in Brianza “il paradigma era lavoro-guadagno-investimento nell’attività lavorativa, mentre adesso l’ultimo passaggio si è biforcato e i soldi finiscono investiti anche nel benessere personale. Un benessere a cui non siamo culturalmente preparati, che non sappiamo gestire, che ci vede protagonisti di una protratta cafonaggine”.

Questo è il meccanismo narrativo su cui si innesta Per rivedere te (Barney Edizioni) l’ultimo romanzo di Gabriele Dadati, già autore di Sorvegliato dai fantasmi (peQuod, 2006; Barbera, 2008), Il libro nero del mondo (Gaffi, 2009) e Piccolo testamento (Laurana, 2011). Un raffinatissimo gioco letterario tra vita autentica e invenzione che ha l’ambizione di anatomizzare il tema cardine della contemporaneità: la crisi economica e morale di un mondo sull’orlo del collasso.

Il Gabriele protagonista del romanzo è infatti uno scrittore in stallo la cui esistenza è messa alla prova da alcuni fatti. Il primo: un incidente d’auto che lo vede coinvolto all’inizio del romanzo e che provoca la morte di un cane. Il secondo: un lutto recente a cui ha reagito svanendo dentro a storie erotiche senza consolazione. Il terzo: l’incontro con una ragazza, Tabita, nipote di Castoldi e figlia della Brianza bene, una con una “testa leggera”, disinteressata a rilevare il capannone di famiglia e l’insegna col nome, che appartiene a una generazione di giovani, “crepa del sistema”, che “bruciano tutti i soldi che possono mentre non hanno la minima intenzione di attrezzarsi per rimpinguare le scorte”.

La storia è narrata con una scrittura elegantissima, distesa, che riesce a ottenere effetti molto incisivi di realismo, e non attraverso gli strumenti canonici (uso del dialetto o di registri linguistici che tentano di fare il verso alle moderne nevrosi), bensì dedicandosi alla descrizione di certi ecosistemi della contemporaneità – i centri commerciali, le birrerie – o di situazioni soffocanti, come i raduni dei vecchi compagni di classe, le pizzate, in cui carovane di giovani non trovano niente di meglio da fare che fotografare se stessi per testimoniare di essere, bene o male, esistiti.

Nelle pagine di Per rivedere te, Gabriele Dadati riesce in definitiva a restituire, attraverso la letteratura, il senso di agonia irreversibile che si prova in quell’universo sterminato che è la provincia italiana, l’unico posto in cui, diceva Gianni Brera, si coltivano le grandi malinconie.

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