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Riforme: i dolori costituzionali del giovane Renzi

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In questi giorni, Matteo Renzi si sta accorgendo che non si può avere tutto dalla vita: che non basta essere giovane e glamour per trasformarsi automaticamente in uno statista. Vero, sino all’altolà di Berlusconi sulle riforme costituzionali, c’era quasi da stropicciarsi gli occhi sulle capacità manovriere del Nostro: apparentemente dotato, come Blair sino all’invasione dell’Iraq, della capacità di stare pericolosamente in touch con l’opinione del momento. Pareva vero persino che avesse fatto più cose di sinistra lui, in pochi mesi, che tutti i precedenti segretari del Pd, benché non ci voglia molto: una per tutte, l’adesione del Pd al Partito socialista europeo, discussa da anni e realizzata in un pomeriggio.

Senonché, premiato dai sondaggi, incensato da tv e giornali, reso simpatico dalle imitazioni di Crozza, Matteo ha voluto diventare anche un padre della Patria, stringendo con Berlusconi, prima della campagna per le Europee, il mitico patto del Nazareno: uno scambio fra l’Italicum, legge elettorale favorevole al Pd per la possibilità del doppio turno e per l’abrogazione della sinistra tramite soglie ad hoc, e una riforma del Senato imperniata sulla non elettività dello stesso. Il primo a violare il patto è stato proprio lui, Renzi, anteponendo la riforma costituzionale all’approvazione dell’Italicum; a violarlo definitivamente, poi, ci ha ha pensato il solito Berlusconi, rimangiandosi la non elettività del Senato.

In tutta questa storia, mi pare, sono state violate una mezza dozzina di regole, che elenco.

Primo, riformare la Costituzione si può e si deve, ma rispettando i tempi e gli equilibri costituzionali.

Secondo, non si può farlo per ragioni di bassa cucina politica, o addirittura elettorali.

Terzo, non si può trattare con un pregiudicato che è anche l’uomo più inaffidabile del mondo, e poi stupirsi se quello cerca di fregarti.

Quarto, le cose cambiano in fretta, e se c’è qualcuno con cui trattare, oggi, è semmai il M5S, secondo partito nei sondaggi.

Quinto, non si può scimmiottare Grillo sul Senato a costo zero, e poi scoprire che un Senato non elettivo, ma forse anche inutile, non lo vuole neppure Grillo.

Sesto e ultimo, ma non meno importante, mai intestardirsi: uno statista impara dai propri errori.

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