Tanto tempo fa scrissi di una studentessa di Giurisprudenza che voleva diventare magistrato e fare il pm. Mi aveva chiesto un parere sulla sua tesi: “Cause dell’inefficienza della giustizia italiana; possibili rimedi”, straordinariamente ben fatta.

Un anno dopo mi scrisse una lettera: dalla Svizzera. Aveva trovato un lavoro da cameriera, studiava il francese e si preparava a lavorare in qualche banca (cosa che poi ha fatto davvero: è diventata una funzionaria importante). Ricordo una frase: “Che dei delinquenti potessero emanare leggi che avrebbero avuto l’effetto di portarli in prigione era cosa che nemmeno un’ingenua come me poteva credere. Così ho abbandonato i miei sogni e me ne sono andata: l’Italia non è un Paese in cui una persona onesta può vivere”. Credo che Paola (si chiama così) oggi sarà di nuovo tristissima (e contenta): ha avuto ragione quando ha deciso di fare la “fuoriuscita”.

La Camera (tutti d’accordo meno M5S) ha fatto proprie le richieste di B&C in materia di voto di scambio. Il politico che promette di mettersi a disposizione di un’associazione mafiosa in cambio di voti non è punibile se poi i voti non gli vengono dati. Questi protettori di scambisti dunque hanno stabilito che:

1) Se uno scambista promette ai mafiosi di darsi da fare nel loro interesse è una persona indegna se i mafiosi lo remunerano con il voto; mentre, se gli preferiscono qualcun altro, allora è una brava persona. Il problema quindi non sta nel rappresentante del popolo, un bieco individuo disposto a vendersi; sta nel delinquente che, per ragioni sue, non si fida di lui. Insomma chi va in uno switch club è un pervertito se la donna di qualcun altro gli si concede; ma, se va in bianco, è un morigerato padre di famiglia.

2) Lo scambista mancato che arriva comunque in Parlamento ha una moralità garantita dal fatto di essere stato schifato dai mafiosi: mai più proporrà scambi di sorta poiché il rifiuto lo ha certamente vaccinato. Ora, è vero che le donne più oneste sono le puttane ravvedute (per restare in tema). Ma, secondo quanto prevede il testo elaborato dalla commissione Giustizia della Camera, lo scambista non deve ravvedersi per essere non punibile; è sufficiente che la sua offerta non sia accettata. Insomma, la puttana che si offre ma è rifiutata cessa di essere puttana.

La Commissione si è fatta carico anche di un altro problema che angosciava gli scambisti. Il fatto è che, come avevo suggerito su questo giornale nel dicembre 2012 al tempo della legge Severino, la nuova legge prevede che il voto di scambio sia reato anche se lo scambista lo ripaga non con denaro (caso ovviamente inesistente) ma con qualsiasi tipo di prestazione (la norma parla di “utilità”). Il che rende effettivo il pericolo di essere acchiappati e condannati. La pena prevista va da 7 a 12 anni, tale da assicurare in concreto la prigione. Ma i protettori degli scambisti hanno proposto di modificarla: da 4 a 10. Ragioni di equità? Macché: come tutti sanno, con pene fino a 4 anni non si va in prigione: affidamento in prova al servizio sociale. E siccome le attenuanti generiche non si negano a uno scambista incensurato (sono sempre incensurati, li salva la prescrizione), questo vuol dire che gli si possono ficcare anche 6 anni; meno un terzo per via delle attenuanti, uguale 4: nix galera. Paoletta mia, quanto avevi ragione!

il Fatto Quotidiano, 4 Aprile 2014

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