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Russi in Pirelli, Mucchetti: “Rischio nazionalizzazione da parte di Mosca”

Il presidente della Commissione Industria del Senato: "Capisco che Tronchetti e le due banche italiane abbiano iniziato le trattative prima del precipitare della crisi in Ucraina, tuttavia l'annuncio avrebbe forse potuto aspettare"
Russi in Pirelli, Mucchetti: “Rischio nazionalizzazione da parte di Mosca”
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L’acquisizione di una posizione assai rilevante in Camfin, e dunque in Pirelli, da parte di Rosneft suscita interesse sul piano finanziario, curiosità sul piano industriale e un interrogativo sul piano della politica estera“. Lo ha dichiarato il presidente della Commissione Industria del Senato Massimo Mucchetti a proposito  del riassetto azionario della Bicocca che vedrà l’ingresso del colosso petrolifero russo nel gruppo di pneumatici con una quota indiretta del 13% ottenuta con un investimento di 500 milioni che ha garantito un ricco guadagno ai venditori. 

“Capisco che Tronchetti Provera e le due banche italiane (Intesa e Unicredit, ndr) abbiano iniziato le trattative con Rosneft prima del precipitare della crisi in Ucraina, e tuttavia, questo annuncio avrebbe forse potuto aspettare qualche settimana”, ha detto l’ex vicedirettore del Corriere della Sera ricordando che Rosneft è una società controllata dal governo russo ed esprimendo il timore che “non vorremmo che quando Tronchetti Provera deciderà il ritiro, la Pirelli fosse di fatto nazionalizzata da uno Stato straniero di dubbia democrazia”. Domandandosi se il Governo italiano sia stato informato di questa operazione, Mucchetti vede “sviluppi industriali assai più interessanti di quelli connessi a South Stream”. Il riassetto in Pirelli è finito anche nel mirino della Consob i cui uffici hanno in corso verifiche per chiarire vari aspetti della vicenda.

Nessun problema, invece, secondo il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi. “A fianco dei russi che entrano in Pirelli ci sono tante aziende italiane che vanno all’estero e acquisiscono quote di aziende in giro per il mondo – ha commentato – Quello che conta non è la nazionalità del capitale ma la nazionalità di chi concepisce i prodotti e poi li produce con le mani”.

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