All’alba del terzo governo consecutivo, partorito al di fuori delle urne elettorali, sono giunto alla conclusione che le elezioni non sono più necessarie. La sede principale – l’unica di fatto rimasta – presso la quale il popolo italiano esprime il proprio orientamento politico, è la televisione. Il fatto che i talk show abbiano sostituito i seggi elettorali, lo si può intuire dai dati Auditel. Soprattutto quelli riguardanti le trasmissioni che ospitano i capi di governo nei giorni immediatamente successivi al loro ingresso a Palazzo. Ebbene, se si leggono con attenzione questi dati, si scopre che il gradimento del pubblico è direttamente proporzionale alla durata dei governi stessi.

Ecco alcuni numeri: nella puntata di Porta a porta del 6 dicembre 2011, Mario Monti si portò a casa un modesto 21 per cento di share. Il suo governo durò un anno e mezzo. Enrico Letta, a sua volta preferì il programma di Rai Tre  Che tempo che  fa e, il 5 maggio del 2013, ottenne un imbarazzante 15,34 per cento. Per la cronaca, quella stessa sera – stessa fascia oraria – il game show Affari tuoi di Rai Uno sfiorava il 18 per cento. Il governo Letta durò meno di un anno.

E che dire di Berlusconi, re indiscusso dei palinsesti, colui che al contrario degli altri è sceso raramente al di sotto del 30 per cento dello share? Bè, quel che è certo è che il Cavaliere ha frequentato il salotto di Vespa più delle stesse poltrone. Tant’è vero che il giorno 8 maggio 2001, le bianche sedute dello studio di Porta a porta furono riposte nello sgabuzzino, per fare spazio alla scrivania sulla quale il Caimano firmò il celebre contratto con gli italiani. Risultato: share alle stelle, e successivo governo quadriennale. Il più longevo della storia della Repubblica Italiana.

E se è vero che i numeri non mentono, bisogna ammettere che anche le parole conservano un ruolo decisivo. In sintesi, ciò che si evince dalle apparizioni televisive degli ultimi premier, è che il pessimismo in tv non paga. Ecco alcuni esempi: Mario Monti, in quella triste puntata del 2011 di Porta a porta esordì così:  “Con questa manovra ho chiesto agli italiani molti sacrifici”. L’incipit di Letta, l’anno scorso da Fazio, fu: “Non è il governo ideale, né per me né per gli italiani”.

Al contrario, la pop star dei teleschermi Silvio Berlusconi, nel 2001 ridefinì il concetto stesso di ottimismo, spingendosi ben oltre le migliori aspettative del pubblico/elettore, e trasformando – per una sera – il programma di Vespa in un film di fantascienza: il primo punto che annunciò, fu infatti l’imminente abbattimento della pressione fiscale, con esenzione totale dei redditi fino a ventidue milioni di Lire annui. Se in quel momento abbassavi il volume del televisore, potevi sentire il galoppo degli indici d’ascolto.

Dunque mi chiedo: perché impiegare così tante energie in nuove e sempre più complesse leggi elettorali – o in futuribili consultazioni via internet – quando per ufficializzare le tendenze degli elettori, già evidenti nei numeri dell’Auditel, basterebbe lo strumento del televoto? Semplice, diretto, economico, sempre a portata di telecomando e già ampiamente sperimentato in tanti programmi televisivi di successo, il “Televotum” – che piaccia o no – è già il futuro.

E nell’attesa che qualcuno finalmente ne annunci l’entrata in vigore, non ci resta che scoprire quali saranno le sorti del nuovo governo. Per il momento mi limito a segnalare i numeri e le parole di Matteo Renzi. Porta a porta – puntata del 13 marzo 2014 – 25 per cento di share. Il discorso dell’ex sindaco di Firenze inizia così: “I soldi ci sono”.

Non vorrei fare pronostici azzardati, ma se due più due fa un ventennio, temo che del “Rottamatore” fiorentino ne sentiremo parlare per un bel po’.

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