Dopo decenni di onorato servizio nella prevenzione dei tumori del collo dell’utero è giunto per il pap test il momento di finire ‘in soffitta’, sostituito da un test del Dna che rivela la presenza del virus Hpv (Papilloma virus). Lo ha affermato un panel di esperti convocato dall’Fda (Food and Drug Admnistration), che conferma il risultato di diversi studi il più importante dei quali ha visto proprio l’Italia in prima fila.

Il Pap test tradizionale consiste nel prelievo di un piccolo campione di cellule, che viene poi esaminato ad un microscopio da un operatore alla ricerca di eventuali anormalità. L’analisi del Dna si fa sulle stesse cellule, in cui viene verificata la presenza del virus che è legato alla quasi totalità dei tumori. Secondo gli esperti statunitensi, che hanno votato 13 a 0 a favore della modifica, il test del Dna andrebbe utilizzato come prima opzione negli screening, mentre ora oltreoceano ma anche da noi si utilizzano i due esami insieme oppure il solo pap test, da effettuarsi però ogni tre anni invece che ogni cinque come quello più avanzato.

Tra gli studi che hanno dimostrato la superiorità in efficacia del test Hpv il più recente, pubblicato dalla rivista Lancet, è stato coordinato da Guglielmo Ronco, epidemiologo del Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte. Lo screening con Hpv, ha dimostrato la ricerca svolta in quattro paesi su oltre 175mila donne, ha ridotto il numero di tumori del 60-70%. “La raccomandazione dell’Fda è sicuramente condivisibile – spiega Ronco – anche in Italia le nuove linee guida del ministero della Salute raccomandano l’utilizzo del solo test Hpv, ma finora solo nove regioni si stanno adeguando. Il cambiamento non può essere fatto da un giorno all’altro, bisogna attrezzare dei centri specializzati e formare gli operatori. Qui in Piemonte ad esempio abbiamo iniziato, e prevediamo di coprire la totalità della popolazione entro quattro anni”.

Ogni anno in Italia si fa circa un milione di Pap test, ma nonostante il sostituto costi di più permetterebbe anche dei risparmi di spesa. “Uno studio che abbiamo pubblicato – conferma Ronco – ha dimostrato che il fatto di eseguire il test ogni cinque anni invece che tre, come avviene con l’Hpv, non solo non diminuisce l’efficacia ma porta a una riduzione della spesa di circa il 20%”.

Articolo Precedente

Sanità ai raggi X, la salute dei pazienti non è ancora garantita

next
Articolo Successivo

Big Bang, Harvard: attesa per annuncio della prova dei primi attimi dell’Universo

next