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Legge 40, aborto in bagno ospedale. Asl: “Fu seguita da due medici non obiettori”

Non abbandonata ad abortire in un bagno dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, ma seguita da due medici, non obiettori di coscienza. E l’espulsione del feto sarebbe avvenuta "nella stanza di degenza". Così l’Asl Roma B ha rimandato al mittente la denuncia presentata ieri da una coppia romana con l’associazione Luca Coscioni
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Non abbandonata ad abortire in un bagno dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, ma seguita da due medici, non obiettori di coscienza. E l’espulsione del feto sarebbe avvenuta “nella stanza di degenza”. Così l’Asl Roma B ha rimandato al mittente la denuncia presentata ieri da una coppia romana con l’associazione Luca Coscioni.

I fatti risalgono al 2010. In ospedale per una grave malattia genetica del feto di cinque mesi, per cui non c’era prognosi di sopravvivenza, i due giovani avevano deciso di interrompere la gravidanza. Ma sono stati lasciati da soli, la loro accusa, perché tutti i medici erano obiettori di coscienza. Ma per la Asl romana questa ricostruzione non risponde al vero: “La signora – ha reso noto in serata l’azienda, dopo aver effettuato delle verifiche – è stata seguita dal personale che ha l’obbligo dell’assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Nel caso specifico due medici non obiettori che fanno parte dell’equipe istituzionalmente preposta all’Ivg. Pur comprendendo il disagio – prosegue la nota – dovuto al lungo periodo di travaglio, si fa presente che la rapidità della fase espulsiva del feto, avvenuta nella stanza di degenza alle ore 3 della notte, è un evento assai comune per il periodo gestazionale. La signora è stata prontamente assistita e avviata alla sala parto per le successive procedure previste nel post parto”.

Intanto anche il ministero della Salute guidato da Beatrice Lorenzin vuole vederci chiaro, e ha chiesto approfondimenti su questa vicenda alla Regione Lazio, che ha del resto già avviato le sue verifiche. La questione della corretta applicazione della legge 194 sul territorio regionale però “non ci coglie impreparati” ha affermato il governatore Nicola Zingaretti. Da due mesi, ha spiegato ancora, “i tavoli tecnici stanno lavorando sui consultori, sul ‘progetto nascita’ e la tutela della 194 come grande opportunità di prevenzione e sostegno alla donna, che non sempre è adeguata a livelli civili. Fra pochi giorni presenteremo le linee guida uscite da questi tavoli per il rilancio della 194, della funzione preventiva e della presenza di consultori per vedere come affrontare questo tema dell’effettiva garanzia dell’offerta di un servizio che come abbiamo visto non sempre è tale”.

In giornata, in solidarietà con i due giovani romani, erano scesi in campo sia il Pd che Sel: “Lorenzin garantisca la piena applicazione della 194” la richiesta delle deputate democrat Donata Lenzi e Roberta Agostini, il cui partito ha presentato una interrogazione al ministro della Salute sul caso-Pertini. Per la responsabile politiche di genere del partito di Vendola, Sara Graziani, la storia della coppia romana è il segno di “una legge non applicabile, un tema enorme sul quale intervenire”. Di segno opposto invece era stato l’intervento di Olimpia Tarzia, consigliera regionale del Lazio, presidente del movimento Politica etica responsabilità e antiabortista convinta: “È stata la vergognosa strumentalizzazione di un dramma – il suo commento – è singolare che una vicenda del 2010 venga portata all’attenzione dei media solo oggi, all’indomani della sanzione per l’Italia annunciata dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa”.

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