Il giorno dopo la cacciata dei quattro senatori dissidenti, il Movimento 5 stelle continua a perdere pezzi. Sono sei le lettere di dimissioni sul tavolo del presidente del Senato Pietro Grasso. Tra gli espulsi, al momento, figura solo la lettera di Luis Alberto Orellana. A formalizzare il passo indietro anche i senatori Maria Mussini, Monica Casaletto, Maurizio Romani, Alessandra Bencini e Laura Bignami. A Montecitorio invece passano al gruppo misto Ivan Catalano e Alessio Tacconi. Francesco Campanella, uno dei quattro cacciati, ha invece fatto sapere che non si dimetterà: “I miei motivi per essere in Parlamento restano validi”. Mentre c’è già chi pensa a nuove maggioranze (soprattutto al Senato), i parlamentari garantiscono che non hanno intenzione di scendere a patti con altri politici ma torneranno a casa. Almeno una parte di loro. Il primo scoglio sarà l’approvazione delle dimissioni da parte dell’Aula. Gli ex colleghi M5s hanno annunciato che voteranno “sì”, ma come prassi alla prima votazione (a scrutinio segreto) il Parlamento respinge la richiesta.

Il malumore all’interno del gruppo resta (alle 16 i senatori si sono incontrati per una riunione di riflessione), ma i più fedeli sono convinti della loro decisione. “Finalmente, zavorra che va via, persone che da questo momento diventeranno parassiti, dovrebbero dimettersi, non cambiare gruppo”. Sono le parole scritte e sottoscritte da un gruppo di otto deputati M5s in un messaggio pubblicato su Facebook: tra di loro, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Chi si sente “a disagio”, dicono, “colga il momento, segua l’esempio di questi individui”. Nel frattempo, il leader a 5 Stelle ha fatto sapere che qualcuno nella notte ha hackerato il profilo Twitter di Casaleggio, mentre sul blog oggi si può votare per scegliere la soglia di sbarramento al sistema di voto (sesto sondaggio sulla legge elettorale).

Luis Alberto Orellana è il primo a parlare all’indomani dell’espulsione decisa dagli iscritti del Movimento Cinque Stelle. “Confermo che lascerò il seggio – dice quello che un anno fa fu il candidato alla presidenza del Senato dei Cinque Stelle – Torno a fare il mio lavoro dopo questo anno di aspettativa”. Orellana a SkyTg24 parla di “processo sommario”, di “stupidaggini” dette da Beppe Grillo nel video, di “scelte politiche calate dall’alto” come quella della messa in stato di accusa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “che poi si è visto come si è sciolta come neve al sole”. Al Corriere della Sera e alla Stampa parla invece Lorenzo Battista, un altro senatore espulso, che denuncia di essere stato “oggetto di accuse spregevoli e denigratorie”. “Non abbiamo mai violato nessun regolamento – aggiunge – e non abbiamo mai votato la fiducia a nessun governo. Ma se anche avessimo detto una stupidaggine – si domanda Battista – è possibile essere espulsi per il reato di stupidaggine?”. 

Il rischio ora è soprattutto che prosegua lo smottamento dai gruppi parlamentari, anche se Grillo ha già detto che gliene frega il giusto (“Siamo un po’ meno, ma più coesi”). Polemiche alla Camera: Alessio Tacconi che ha comunicato al capogruppo Federico D’Incà di voler lasciare il gruppo, chiedendo di smentire sue presunte irregolarità nella restituzione dello stipendio, altrimenti sarà vero “che anche il M5S usa la macchina del fango contro chi esprime opinioni sgradite”. Il riferimento è all’intervento di ieri del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio che si domandava: “Sarà che oggi il nostro capogruppo D’Incà gli aveva chiesto conto dei 7000 euro di ‘varie’ non rendicontati e mai restituiti al fondo per le Pmi?”. “Ti pregherei di procedere a una smentita – scrive Tacconi a D’Incà – visto che si tratta di un vergognoso insieme di inesattezze e falsità. Io e te non abbiamo avuto ieri modo di parlarci né tantomeno ho mai ricevuto da te una richiesta di restituzione di qualsivoglia somma di denaro indebitamente trattenuta. Come sai ho sempre rendicontato e restituito quanto dovuto, tanto che mai alcuna procedura di infrazione è partita a mio carico per questa né per altre ragioni”. “In assenza di tale precisa presa di posizione da parte tua – conclude Tacconi nella mail inviata al suo capogruppo – dovrò concludere (e questa volta con assoluta certezza) che anche il Movimento 5 Stelle fa uso della cosiddetta ‘macchina del fango’ contro chi esprime opinioni o attua scelte sgradite allo stesso Movimento”.

Intanto gli espulsi insistono. “Sostanzialmente il motivo per cui ci hanno espulso è il fatto di aver criticato Grillo” ha detto Francesco Campanella ad Agorà, su Rai Tre. E resta il giudizio su cosa sia – o su cosa sia diventato – il Movimento Cinque Stelle per il senatore: “Non c’è più il sogno di un movimento di pari, perché ormai è diventato chiarissimo chi comanda e chi in qualche modo ‘obbedisce’, senza, con questa definizione, voler fare un torto ai miei colleghi rimasti nel movimento. La minuteria, quello che non interessa a Grillo e Casaleggio, e cioè emendamenti e disegni di legge che non toccano la politica del movimento, la lasciano a noi. Ma quando si tratta di assumere scelte importanti come la proposta di impeachment per il presidente della Repubblica o di valutare la situazione politica nel complesso, si presentano Grillo e Casaleggio che decidono senza prima consultare senatori e deputati”. Certo, non se ne sono accorti da un giorno a un altro: “Le prime avvisaglie di un approccio strano si sono avute alla votazione del presidente del Senato”. Alcuni senatori M5s (soprattutto della “pattuglia” siciliana) votarono Piero Grasso in dissenso dalle indicazioni del gruppo che avevano indicato – dirlo oggi è un paradosso – proprio Luis Alberto Orellana. “In quella fase abbiamo avuto problemi – continua Campanella – ma in quel caso la discussione fu con alcuni colleghi che avevano un approccio di tipo ideologico. La consapevolezza di qual era il nostro ruolo all’interno del Parlamento si è andata concretizzando nel tempo: ovviamente, uno in prima battuta non ci crede, poi inizia ad averne sempre più consapevolezza e ad un certo punto i conti con la realtà li devi pur fare”. 

La questione che si apre è subito quella di una eventuale e finora presunta collaborazione dei fuoriusciti del Movimento Cinque Stelle con i gruppi di centrosinistra, in modo da poter cambiare maggioranza come spiega anche Pippo Civati. Battista si schermisce: “Con Civati – chiarisce al Corriere – non ho mai parlato, fatemelo conoscere almeno”. Esclude la possibilità Nicola Latorre (ex dalemiano diventato renziano): “Quello che sta accadendo nelMovimento 5 Stelle è molto grave perché nei confronti di senatori che non hanno fatto nulla contro il loro gruppo viene applicato il reato di lesa maestà per Grillo. Tuttavia parlare di nuova maggioranza non ha senso perché il governo ha un suo programma e una sua coalizione per realizzare le sfide che si è preposto”. C’è però chi insiste nell’impegno per trovare un dialogo con i Cinque Stelle: “Li considero interlocutori politici – dice Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera – anche se stanno all’opposizione”. Ed esclude di essere un “tramite” tra Pd e Cinque Stelle; in merito al suo rapporto con i deputati M5S sottolinea: “credo che loro apprezzino che mai una volta ho cercato di fare scouting. Mi è capitato di difenderli come di attaccarli – continua Giachetti – ma non ho mai l’atteggiamento del professore con gli scolari che hanno un po’ tutti”. Alla domanda se esistano temi di dialogo tra Pd e M5S risponde che “in linea teorica ci sono” ma avverte come possano venire ostacolati da quello che Giachetti definisce un “bullismo parlamentare”. “Non è una questione di temi – insiste l’ onorevole pd – ma di metodo”. Il deputato sottolinea infine di essere stato colpito dalla decisione di Di Maio di pubblicare i messaggi scritti scambiati con Renzi: “Mi pare – sottolinea il vicepresidente della Camera Pd – una cosa triste, segno di grande diffidenza”.

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