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Crisi: le imprese in piazza, il sindacato no

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Non è stata la nuova “marcia dei quarantamila” come annunciato alla vigilia. Non solo perché alla fine sono stati di più ma perché, stavolta, non c’era un nemico da battere. Quello che è accaduto martedì a Roma, con la manifestazione di Popolo, con circa 60 mila artigiani e commercianti, è invece indicativo di un’altra tendenza importante che pervade la società italiana e che si può apprezzare soprattutto per contrasto. Mentre le categorie tipiche della “classe media” hanno dimostrato una notevole capacità di mobilitazione, impensabile in altri periodi, assistiamo, allo stesso tempo, al mutismo sindacale e all’assenza dalla scena sociale di Cgil, Cisl e Uil. I quali sono ormai associati da molti a quei partiti e a quella “politica” individuate come una delle cause profonde della crisi.

Le associazioni della piccola e media impresa, invece, si sono guadagnate, grazie anche a una stampa benevola (che dimentica completamente i livelli di evasione fiscale che riguardano queste categorie), il ruolo di organizzazioni virtuose. Portatrici di un “bene comune” che oggi è facile da indicare e ha costituito il cuore della manifestazione di ieri: la riforma fiscale. La chiedono gli artigiani, i commercianti, la invoca Confindustria, la promette Matteo Renzi. Come avrebbe detto il vecchio Gramsci è questa parola d’ordine a esercitare oggi “l’egemonia” politica. Sono queste categorie che riescono a interpretare la richiesta fondamentale che sale dalla società rivolta alla “politica”.

La riduzione delle tasse è divenuta quella che, ai tempi d’oro del movimento operaio, era la richiesta salariale oppure la riduzione dell’orario di lavoro. In Francia, dove l’offensiva della destra è fortissima anche perché al governo c’è la sinistra, la componente radicale che fa capo al leader del Front de Gauche, Jean-Luc Melenchon, ha organizzato una tipica manifestazione della sinistra con al centro la richiesta di ridurre le tasse. Il tema è ricorrente ovunque. In questo scenario, il sindacato italiano appare smarrito e, quando non lo è, si abbarbica anch’esso alla richiesta della riduzione delle tasse per il lavoro dipendente mediante taglio del cuneo fiscale. Una richiesta che, finora, è apparsa poco chiara ma, soprattutto, poco incisiva sulle buste paga.

Anche ai tempi del secondo governo Prodi, fu finanziata con circa 10 miliardi di euro. Potremmo dire che del ventennio berlusconiano questo è il lascito più importante perché ha rimodellato le idee e le priorità dell’agenda politica: le imprese hanno il pallino in mano e se il sindacato vorrà recuperare un ruolo, invece di accontentarsi di andare a rimorchio, dovrà inventarsi e proporre qualcosa di altrettanto forte.

Il Fatto Quotidiano, 19 febbraio 2014

 

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