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‘Ndrangheta nel mantovano, gli uomini dei clan crotenesi: “Ormai Viadana è nostra”

L'intercettazione agli atti dell'inchiesta Pandora, che coinvolge anche l'assessore comunale democratico Carmine Tipaldi. Ma il sindaco nega: "Qui non alligna la malavita calabrese"
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“Ormai Viadana è nostra”. Loro sono la ‘ndrangheta. Viadana è una città lombarda a più di 1000 chilometri dal crotonese, terra dei padri. Sta nell’arroganza di una conversazione telefonica il sospetto, per non dire di più, che riapre il caso delle infiltrazioni della mafia nel mantovano e dei i suoi rapporti con la politica locale. I fatti sono raccontati in un’esclusiva dalla Gazzetta di Mantova. A parlare in quel modo nel marzo del 2006 è Nicola Lentini, giovane di belle speranze della ‘ndrina di Capo Rizzuto. Ora si trova in carcere per tentato omicidio, ma quella sera era a Viadana. All’altro capo, da Cutro, c’è un altro uomo dei clan: Luigi Morelli. “Ci possono dare 30, 40, 50 anni di carcere che importa? Ormai Viadana è nostra”.

Questa la frase esatta che esce dalla bocca di Lentini e che entra nel verbale della Dda che sta intercettando quel dialogo. Indagano da tempo su alcune famiglie del crotonese, l’esito sarà l’operazione Pandora che assesta un efficace colpo alle cosche e svela ancora una volta i loro business al nord. Finiscono dentro anche i due della telefonata, ma le loro parole finiscono agli atti e aprono un nuovo file. Lentini quella sera racconta all’amico che con lui c’è anche il figlio di Santo, Carmine Pizzimenti. Per gli inquirenti si tratta in realtà di Carmine Tipaldi, attuale assessore ai servizi sociali del comune di Viadana in quota Pd. Mettono la loro conclusione nero su bianco nella relazione che inviano alle prefetture di Mantova, Modena e Reggio Emilia. Quelle sono terre d’appalti per i lavori di ricostruzione del terremoto del 2012 e bisogna cercare di tenere lontana la criminalità organizzata.

Le aziende sono monitorate, se risultano pulite finiscono in una white list che ha il via libera a effettuare gli interventi. Alla richiesta di chiarimenti sulla Tipaldi costruzioni srl, la ditta dell’assessore viadanese, dal ministero dell’Interno fanno arrivare il plico con l’intercettazione dell’antimafia. Tra i dipendenti dell’impresa ci sarebbero personaggi di cui non c’è da fidarsi. Eppure l’azienda riceve l’ok a differenza di quelle di Antonio Tipaldi, legato al clan Arena. Per il politico viadanese è solo uno sfortunato caso di omonimia, per un altro esponente del Pd mantovano, Claudio Meneghetti, invece, una parentela negata. Solo due settimane dopo la telefonata incriminata, il 28 e 29 maggio 2006, a Viadana si tengono le elezioni e Tipaldi è di gran lunga il consigliere più votato con 316 preferenze. In seguito, nonostante dubbi siano stati avanzati da più parti, entra anche nella giunta guidata dal centrista Giorgio Penazzi.

Il sindaco, ancora una volta, in queste ore lo difende. “A Viadana non alligna la malavita calabrese” dice “e Carmine Tipaldi è un assessore attento e attivo che non posso che lodare”. Meno convinti di ciò alcuni esponenti del suo partito, il Pd. A novembre il numero due della neo eletta segreteria provinciale Luca Odini aveva contestato i voti di Viadana accusando, nei fatti, Tipaldi. “Il Partito non risulta esente dal rischio di avere tra i propri iscritti persone collegabili con ambienti ’ndranghetisti” c’era scritto in un documento arrivato fin agli organismi di garanzia nazionali. Le polemiche e le minacce di rottura avevano portato al passo indietro di Odini e la questione era stata nascosta sotto il tappeto. Vedremo ora se le parole della Dda e la loro pubblicazione sulla Gazzetta di Mantova avranno smosso troppa polvere per non intervenire.

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