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L’animalismo, ovvero il ritorno delle ideologie

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Qualche sera fa un giovane brillante di cui ho molta stima mi diceva a cena che non mangia carne di animali allevati perché non trova giusto allevare per poi uccidere. Il mio giovane amico mostra però almeno tolleranza verso chi abbia una diversa o più tradizionale visione del rapporto tra l’uomo e le altre specie animali, tolleranza non sempre condivisa da animalisti e antispecisti che con crescente frequenza fanno scoppiare polemiche accese come quella recente con la ragazza che rivendicava la legittimità, per lei vitale, della sperimentazione medica sugli animali.

Fermo restando l’opportunità di avere tutti una maggiore consapevolezza della sostenibilità ambientale degli allevamenti e dell’obiettivo di puntare ad un miglioramento della dieta anche in chiave di prevenzione delle malattie e del loro costo sociale, l’osservazione su cui vorrei soffermare l’attenzione riguarda la nascita di nuove ideologie dopo la morte di quelle che hanno caratterizzato tragicamente il secolo scorso.

Cos’è in pratica un’ideologia? E’ l’assunzione di un valore in sé buono -come l’amore e il rispetto per le altre specie animali- che viene però reso assoluto perdendo il necessario rapporto ed equilibrio con tutti gli altri valori che è proprio ciò che ci fa invece crescere in cultura e civiltà.

Non so se addebitare questa che a mio avviso è una deriva culturale ai cartoni animati antropomorfi di cui si sono ormai nutriti generazioni di bambini oggi divenuti adulti. Di certo, il mio amico a tavola non è riuscito a convincermi circa alcune mie obiezioni: un animalista o un antispecista non dovrebbero allora avvalersi di antibiotici, autentici strumenti di distruzione di massa, o di comuni antiparassitari e insetticidi e opporsi fermamente alla derattizzazione di scuole e asili, o no?

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