Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Salve Governo Italiano,
mi chiamo Tesfay, vivo in Norvegia. Ho un fratello che, come me, viene dall’Eritrea. È arrivato in Italia il 3 ottobre 2013 sulla barca che è naufragata. Nostra sorella era insieme a lui, ma lei è morta annegata, mentre lui è sopravvissuto. Insieme erano passati attraverso un viaggio difficile e doloroso che dal Sudan li ha portati in Italia. Sono stati rapiti in Sudan da un gruppo di predoni che minacciavano di tagliargli le orecchie e di ucciderli se non avessimo pagato un riscatto. Abbiamo fatto una colletta tra tutti i parenti, anche se non siamo ricchi. Alla fine li hanno liberati al confine con la Libia. Hanno passato 21 giorni nel deserto, camminando a piedi fino a che sono stati catturati ed arrestati dalla polizia libica. Sono stati imprigionati per oltre due mesi. Per liberarli abbiamo dovuto pagare ancora.
Ora, in Italia, tutti sanno di mio fratello e degli altri quindici testimoni del naufragio, tra cui una ragazza di 18 anni, chiusi nel centro di accoglienza di Lampedusa. Io parlo con loro al telefono tutti i giorni e so che soffrono molto. Sono stati prigionieri in Sudan, poi in Libia, ora sono ancora prigionieri in Italia a Lampedusa.
Io sono stato su quell’isola a visitare i miei fratelli e la mia sorella subito dopo il naufragio ed è stato molto triste. Hanno visto morire i loro fratelli e le loro sorelle con i loro bambini. Credo che voi in Italia non mostriate empatia. A Natale avete liberato 170 persone e loro sono ancora li. Ora io mi chiedo perché? Perché sono ancora lì? Cosa hanno fatto? Erano stati disponibili a dare informazioni sugli scafisti, ma ora sembra che siano loro ad essere stati arrestati.
Nei prossimi giorni verremo in Italia, io e altri parenti di quei sedici ragazzi, per chiedere a voi, Governo italiano, come mai non li lasciate andare. Spero che riusciate ad aiutarli il prima possibile.