La doccia fredda è arrivata allo sportello della banca: “Mi spiace, ma l’assegno è scoperto“. A sentirsi rispondere così, secondo la denuncia del sindacato Usb, sono stati undici lavoratori licenziati dal supermercato Carrefour di Cropani Marina, in provincia di Catanzaro. I dipendenti speravano di recuperare una piccola parte degli arretrati che la società, debitrice di migliaia di euro nei loro confronti, si era impegnata a versare. Il tutto dopo una lunga vertenza, che aveva visto i licenziati incatenarsi alle saracinesche del supermercato e annunciare di vendere le loro fedi nuziali.

La vicenda degli undici lavoratori ha avuto inizio a settembre, quando ha chiuso i battenti il supermercato Carrefour: la ditta che lo gestiva, la Di Più Distribuzione di Antonio Cordua, ha dichiarato il fallimento per “lo stato di crisi economica e finanziaria in cui versava la società” e licenziato i dipendenti. L’attività ha poi riaperto a novembre con il marchio Simply e sotto la gestione di Nova Calabria, una neonata azienda in mano ai figli di Cordua. “Hanno cambiato il nome della società e il marchio, ma la gestione è la stessa”, spiega Antonio Jiratano,  rappresentante dell’Usb che segue la vertenza. “Vendono anche gli stessi prodotti di prima”. I proprietari, secondo il sindacalista, hanno proposto ai dipendenti di riassumerli con un contratto che prevedeva l’azzeramento degli scatti d’anzianità e la rinuncia ai compensi per le ferie non godute e gli straordinari effettuati. “I lavoratori non hanno accettato l’accordo e l’azienda ha assunto altri dipendenti attraverso agenzie interinali, in modo da pagarli molto meno”, è la denuncia di Jiratano.

Ma la vertenza non si è chiusa con il licenziamento dei lavoratori. Infatti la ditta ha accumulato una serie di arretrati nei loro confronti: straordinari, ferie non godute, Tfr e diverse mensilità, tra cui tredicesima e quattordicesima. “A ogni lavoratore spettano circa 20mila euro“, precisa il sindacalista. A ottobre, i dipendenti licenziati hanno quindi messo in atto una serie di proteste per chiedere di ricevere questa somma. In particolare, si sono incatenati alle saracinesche del supermercato, promettendo di bloccare la riapertura del punto vendita con il nuovo marchio Simply. E ancora, hanno annunciato il gesto clamoroso di vendere le proprie fedi nuziali. La società ha allora cercato l’accordo, impegnandosi a pagare la somma dovuta in tre rate, la prima delle quali da corrispondere subito con un assegno. Dopo 15 giorni, avrebbero versato un’altra  tranche e poi si sarebbe aperto un nuovo tavolo di trattativa per verificare l’andamento dei pagamenti e per l’eventuale conclusione della vertenza.

I dipendenti hanno accettato, interrompendo la mobilitazione, e si sono visti corrispondere la prima tranche degli arretrati. Poi, sabato 30 novembre, alla presenza del sindaco della cittadina in qualità di garante dell’accordo, l’azienda ha consegnato ai lavoratori gli assegni relativi alla seconda rata, pari a 500 euro. I dipendenti hanno quindi aspettato lunedì per la riapertura delle banche e sono andati fino a Crotone, distante circa 50 chilometri, per riscuotere la somma: infatti, la filiale convenzionata più vicina si trova nel capoluogo. Eppure, una volta di fronte agli sportelli, per i lavoratori è arrivata la sgradita sorpresa. “Si sono sentiti rispondere che non potevano ritirare il denaro perché gli assegni sono scoperti“, ha raccontato Jiratano. “Abbiamo provato a cercare i titolari della società al supermercato, ma non li abbiamo trovati”. Ora la Usb si prepara denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria. Ma non solo. “Stiamo facendo un esposto anche per segnalare la violazione delle norme in materia di sicurezza: la struttura è fatiscente e gli estintori sono scaduti”, ha concluso il sindacalista.

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