Appena rientrata l’emergenza relativa al disegno di legge (definito qualche giorno fa “superato” da Carrozza), che – con un colpo di mano – avrebbe delegato il governo a intervenire su stato giuridico dei docenti, reclutamento, salari e orari di lavoro, democrazia scolastica e prerogative degli organi collegiali, ecco la nuova insidia dal vecchio nome tristemente conosciuto: spending review. Naturalmente la spesa da rivedere non può trascurare la scuola statale, rea di aver continuato a funzionare dignitosamente (e con sforzi privi di alcun tipo di riconoscimento) nonostante la “riforma” Gelmini e gli analoghi e conseguenti provvedimenti del governo Monti.

Una serie di interventi costati il taglio di circa 145mila posti di lavoro, aumento del numero di alunni per classe, la diminuzione del tempo scuola, accorpamento di istituti scolastici in plessi elefantiaci, diminuzione di tempo pieno e tempo prolungato e taglio indifferenziato, ma che ovviamente va a ricadere sui più deboli, di diritti. La scuola non è più uno strumento di tutela dell’interesse generale, semplicemente perché l’interesse generale non è più considerato un principio da tutelare. Di qui, il sostanzialmente invariato – nonostante crisi e “razionalizzazione” della scuola pubblica – foraggiamento alle scuole private.

Carlo Cottarelli, ex Fondo Monetario Internazionale, è il tecnico cui è stata commissionata la messa a punto dei nuovi interventi: in sostanza vogliono evidentemente comprendere fino a che punto estremo la scuola sia in grado di reggere e resistere. Naturalmente lo vuole l’Europa, che però proprio ieri ha richiamato l’Italia sull’infrazione rispetto al trattamento dei precari della scuola. Lì, però, continuiamo a fare orecchie da mercante e le ammonizioni non sembrano poi fomentare lo zelo a intervenire, viceversa dimostrato in altri campi: tagliare, appunto. Sui precari ci teniamo le bacchettate, abbassando le orecchie e cercando di far finta di niente. Cottarelli invece il suo dovere l’ha fatto, redigendo il Programma di lavoro del Commissario Straordinario per la revisione della Spesa pubblica. Per quanti consideravano impossibile un ulteriore sequestro di risorse ai danni della scuola un’amara delusione: ce n’è ancora, almeno nelle intenzioni.

Per realizzare gli oltre 23 miliardi di “razionalizzazione della spesa” proposti per il triennio 2015-2017, la scuola è stata chiamata in causa relativamente a 4 ambiti: dimensionamento scolastico (pare sia prevista la riduzione di ulteriori 800 istituzioni scolastiche), insegnanti di sostegno (come mai, visto che il decreto istruzione prevede un piano straordinario di assunzioni?) inidonei ed edilizia scolastica (ricordate? Una delle priorità assolute del Pd e del governo delle larghe intese). Ciò che sembrava impensabile, ci potrebbe essere imposto da un momento all’altro.

Articolo Precedente

Università e Ricerca: una, cento, mille meritocrazie

next
Articolo Successivo

Al via il liceo di quattro anni. Il debutto anche nella scuola pubblica

next