La cacio e pepe è una delle più famose ricette della tradizione romana, vero e proprio orgoglio delle cucine testaccine doc. Piatto povero e di origine contadina, questo grande classico è apparentemente semplice da realizzare ma presenta delle insidie che è bene saper affrontare. Esistono tante ricette e varianti, molti piccoli trucchi, ma la cacio e pepe originale è una soltanto e il segreto per una perfetta realizzazione sta tutto nella mantecatura degli ingredienti. La lista cortissima del necessario può trarre in inganno: pasta, pecorino romano e pepe.

A fare la differenza sono le quantità e la preparazione del condimento. La pasta usata per la ricetta doc è il tonnarello, una sorta di spaghettone all’uovo, ideale per assorbire la cremosità del pecorino, anche se la cacio e pepe ben si adatta a pasta corta come maccheroni e rigatoni. Mettete a cuocere i tonnarelli in abbondante acqua (poco) salata e intanto preparate in una ciotola il pecorino e il pepe. La cosa migliore sarebbe grattugiare del pecorino romano Dop e pestare in un mortaio i grani di pepe nero per garantire al piatto tutta la freschezza e l’aroma della spezia.

Versate il pecorino, il pepe e amalgamate bene il tutto aggiungendo poca acqua di cottura della pasta. A questo punto i tonnarelli saranno al dente e pronti per essere tirati fuori dall’acqua: non dovete scolarli altrimenti perderete l’acqua di cottura, quindi aiutatevi con un forchettone e rovesciateli rapidamente nella ciotola con pecorino e pepe. Girate la pasta nel condimento e contemporaneamente aggiungete due mestoli di acqua di cottura per amalgamare. Questa fase va fatta “a freddo” e non sul fuoco: altrimenti rischiate di cuocere il formaggio e farlo diventare grumoso e di scuocere la pasta.

Infine, servite in fretta: la cacio e pepe fredda è rigorosamente out. Se avete eseguito tutto come da manuale, otterrete un piatto saporito, profumato e dal retrogusto “pizzicoso”. Esistono decine di varianti della cacio e pepe, sviluppatesi a seconda del territorio, ma per la scuola romana la ricetta è e rimane una sola: nessuna aggiunta di parmigiano, niente mantecatura del formaggio e del pepe a fuoco lento, nessun impiego di carciofi, tartufo o fiori di zucca. A confermarvelo, se capitate nella Città Eterna, saranno le generose porzioni di Felice a Testaccio, osteria aperta dal 1936 che ha fatto della cacio e pepe il suo cavallo di battaglia. Meta di romani e turisti provenienti da ogni parte del mondo – a recensirla è stato anche il New York Times – questa trattoria nel cuore della Roma più verace e popolare, è tra le portabandiera della tradizione gastronomica capitolina.

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