Avere cinquant’anni e non dimostrarli. Tanti ne ha Stripsody, geniale opera multimediale rieditata oggi dalle edizioni Nomos. Un libro da leggere, guardare e ascoltare nato dalla gioiosa follia di una grande cantante lirica, Cathy Berberian, con la complicità di Umberto Eco e del pittore Eugenio Carmi, tra i principali esponenti dell’astrattismo italiano. Stripsody è un libro d’arte, ma anche un disco e, soprattutto, un gran divertimento. Un’opera adatta a grandi e piccini che ci proietta in un’epoca, gli anni Sessanta, in cui tutto sembrava, e a volte era, possibile. Come, per esempio, trasformare in musica i fonemi dei comics e poi ridare loro vita sulla carta in forma di immagini. 

L’idea venne a Eco durante la lettura, con Cathy Berberian e suo marito, il compositore Luciano Berio, del capitolo 11 dell’Ulisse di James Joyce. “Un capitolo musicale per eccellenza, costruito sul modello della fuga per canonem e fatto quasi esclusivamente di onomatopee, sia pure non di mumble o di crack” scrive Eco. L’idea di musicare i “suoni” dei comics entusiasmò Cathy Berberian, che si mise subito all’opera scrivendo una composizione in cui la musica vestiva i “gulp”, “argh”, “slam”, “bang” e interpretandola con la sua voce meravigliosa. Un divértissement? Non esattamente, visto che Stripsody (fu lei a battezzarla così, da strip, fumetto in inglese) venne eseguita per la prima volta al Festival di Brema, dove ottenne un grande successo di critica e di pubblico.

Intanto Eco aveva presentato Cathy a Eugenio Carmi che, entusiasmato dall’ascolto di Stripsody, si chiuse nel suo studio genovese di Boccadasse e ascoltò sul giradischi decine di volte il disco di Cathy: “Fu così che riuscii a partorire in un mese quattordici immagini nelle quali tutte le onomatopee cantate erano diventate leggibili” ricorda il pittore. Il risultato di questo circolo virtuoso fu un volume, pubblicato con grande successo nel 1966 e presto diventato introvabile. Oggi Stripsody torna nelle librerie con le quattordici tavole originali di Carmi, gli interventi del pittore e di Eco e le parole di Cathy Berberian, trascritte da un’intervista in cui raccontava la genesi dell’opera. 

C’è anche il racconto, divertito e struggente, di sua figlia Cristina (la cantante è scomparsa trent’anni fa) che così rievoca le prove di Stripsody nel salotto di casa: “Dalla mia stanza la sentivo sprigionare una successione frenetica di suoni e di versi che imitavano animali, oggetti, personaggi di tutti i generi. Ricordo che quelle acrobazie vocali non mi stupivano particolarmente perché c’ero cresciuta in mezzo”. Anche se non era da tutti avere una mamma biondissima che cantava Priboutki in russo e i Beatles in inglese, che insegnava i balli armeni, parlava sette l lingue, cucinava da dio. “E che soprattutto mi insegnava a essere sempre curiosa e coraggiosa”.

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