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La crisi di governo vista dal Paese

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Oggi è davvero poco consolante pensare che ero tra i pochi ad aver detto, in tempi non sospetti, che l’abbraccio con il Pdl e con Berlusconi sarebbe stato mortale. Non tanto per il Pd, che per fortuna ha i suoi anticorpi democratici, ma per il Paese. Ero stata tacciata di essere una dissidente, qualcuno aveva perfino proposto che fossi cacciata dal Pd perché contraria alla linea governista. Oggi che i fatti mi danno ragione penso alle decine di messaggi che sto ricevendo in queste ore e che chiedono una virata chiara.

Sara, una giovane iscritta al Pd della provincia di Treviso ieri mi ha scritto: “Oltre ad essere arrabbiata per per l’ultima pagliacciata del Pdl che ci porterà nel baratro, mi chiedo… ma il nostro partito cosa farà? Continuerà con le diatribe interne o ha intenzione di ricongiungersi finalmente con la sinistra e quella parte di parlamento onesto? Io credo ancora nel Pd ma credimi che sto raschiando il fondo. Ti chiedo di farti portavoce di questo mio pensiero. Tengo al mio Paese e credo nelle istituzioni che in questi 20 anni sono state trattate come un affare di famiglia. Scusa lo sfogo ma so che raccogli le voci della base e della gente che vive la politica anche senza la tessera“.

Michele, un altro sincero democratico, mi scrive: “Il Pd deve ricominciare a fare le caseggiate, In modo da riavvicinare tanti cittdini che si sono persi, E dare una spiegazione della situazione, tanti miei conoscenti ora mi danno ragione, prima delle elezioni io a tanti miei amici dicevo, non date ascolto ne a Berlusconi ne a Grillo perche sono uno peggio dellaltro. Mi scusi per qualche errore i miei studi ciò appena la terza elimentare“.

La risposta a Sara e a Michele è semplice e credo di poter interpretare il pensiero ormai unanime dei miei colleghi del Pd. Venerdì 4 ottobre la giunta del Senato darà parere favorevole alla decadenza di Berlusconi come deve essere in uno Stato di diritto. Decadenza che sarà poi votata dall’aula. È un modo per mettere un punto definitivo su questa vicenda.

In questi cinque mesi l’interlocutore Berlusconi ha sempre sentito una sola ragione, quella del suo destino personale e della sua salvezza giudiziaria. La decisione di far dimettere i suoi ministri non è solo irresponsabile: è criminale. Perché lascia un governo alle prese con importanti questioni irrisolte come l’aumento dell’Iva, la legge di stabilità, l’emergenza economica che stanno vivendo imprese e famiglie.

Ora la soluzione è un governo di scopo, di durata limitata, che metta in sicurezza i conti rispetto alla tempesta internazionale che si abbatterà sull’Italia, che dia respiro a quei vagiti di ripresa economica che pur esistono e che favorisca in Parlamento la riforma della legge elettorale. Con nessun vincolo di regali da fare a Berlusconi e ai suoi accoliti, potremo perfino iniziare il cammino delle riforme per poi costruirle in un solido governo di centrosinistra che verrà. Non ci sono altre cose da fare. Poi in primavera si scelga il ritorno al voto.

Una settimana fa qualcuno era arrivato a lodare la formula italiana delle larghe intese dopo il voto tedesco. Ma la Germania ha la Merkel, noi abbiamo Berlusconi. È una differenza non solo politica, ma come si è visto, antropologica.

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