Gerolamo

di Annalisa Ferrari 

Prologo

 Mi sto allontanando dalla Lunigiana, sul tiralinee autostradale che non riesce a nasconderne del tutto le dolcezze, e osservo, oltre la pioggia battente, gli orizzonti di queste valli, segnati dal succedersi delle torri di cento e più castelli, da borghi murati, da ville sparse nella campagna. Per il dominio di questa zona di confine, ambita terra di strade e di agevoli passi appenninici, si scontrarono fiorentini, genovesi, milanesi. Qui passarono eserciti e mercanti, papi e imperatori, soldataglie e signori. Qui le case, le ville, i torrioni, evocano scene antiche della tradizione, anche se oggi appartengono alla moderna e ricca borghesia europea, l’unica che adesso può permettersele. Le più belle, principesche, imponenti, antiche, sono di proprietà di famiglie che, se spesso hanno fondato le loro fortune sulle sofferenze degli altri, hanno almeno avuto il pregio di amare la bellezza e circondarsene.

Ed è questa bellezza che emerge, e che è a disposizione di tutti. Girare con calma da queste parti produce una leggere ubriacatura: storia, natura, cultura e arte costituiscono una miscela che può incantare.

Ma non è per questo che io ci sono arrivata.

Da qui, ho saputo, è partito un uomo che per mesi è rimasto soltanto un nome, una firma vergata sotto poche, dense, bellissime lettere: Gerolamo Lazzeri.

L’ho cercato. Ho voluto sapere chi si nascondesse dietro l’ironia e la passione, la forza e la testardaggine, la concretezza e l’ideale che si respiravano leggendo quelle righe.

Passo dopo passo, allargando l’orizzonte di una banale polemica, di un limitato scontro politico, sono giunta nel suo paese natale. E da lì sono ripartita più volte. Fino a risentire la sua voce nella voce di suo figlio Dante; fino a ritrovare le radici, la genialità e le avventure di famiglia nei racconti dei parenti toscani; fino a scorgere parte di lui nei pochi suoi libri che sono riuscita a toccare.

Insomma, fino a renderlo reale, e a domandarmi come il conoscerlo possa aver segnato le mie giornate, perché poche volte mi è capitato di incrociare qualcosa o qualcuno che sembrasse degno di essere conosciuto. Cose e persone che riescono a brillare, come isolate scintille, anche nei giorni peggiori.

E quindi, non lo voglio ricordare come una persona eccezionale, forse non lo è mai stato, ma come una di quelle scintille, sì. Un essere umano che pensava con la sua testa e non con quella di chi in quel momento comandava. Testardo e irragionevole quando la ragione comune dettava strade che non voleva percorrere insieme agli altri, pronto a sacrificare per questo gli affetti più cari. Pronto a deporre la penna piuttosto che scrivere rinnegando le proprie idee e il proprio passato. Pronto infine, se così gli fosse stato destinato, “a correre le strade del mondo, infaticato viandante, amico delle stelle e del sogno”.

Gerolamo, per strano che possa sembrare, è stato tutto questo.

Di lui, dunque, ho cercato soprattutto raccontare la verità.

Tuttavia, poiché raccontare la verità è ovviamente tanto difficile, alle volte sono andata oltre, e alle volte mi sono fermata al di qua. Spero che Gerolamo Lazzeri, ovunque sia ora, non me ne voglia, e che un po’ si ritrovi, in queste pagine che narrano la sua vita.

Alla fine, è proprio del suo parere che mi importa.
 

Ipotesi di quarta di copertina

 Questo è un libro, una storia, che parte da lontano.

Da una lettera ritrovata nell’archivio di Lodi, in cui un signore sconosciuto si rivolgeva al Podestà di Lodi nel 1928, quindi in pieno periodo fascista, confermando che non avrebbe provveduto ad iscrivere la figlia alle Giovani Italiane, come invece richiesto dal Convitto.

Da questa lettera poi è partito tutto, con la ricerca che ha ripercorso a ritroso le tracce di Gerolamo Lazzeri, la sua vita, i particolari sempre nuovi, che lo rendevano via via più affascinante.

Alla fine è nato un volume, dalla genesi travagliata appena meno della vita del Lazzeri, che mescola documenti, brani dei suoi libri, testimonianze del figlio più che ottantenne Dante, e che qualche volta, va anche oltre, pur sempre avendo ben chiara la realtà di questo intellettuale.

Alla fine, il libro è stato stampato (senza clamore, senza codice isbn, ma con molto coraggio) da Giuseppe Chiappini, un libraio antiquario conterraneo di Gerolamo, incuriosito da alcuni volumi trovati durante le sue avventure antiquarie.

La storia ha poi avuto il suo epilogo a Tresana, paese natale di Gerolamo, dove una mattina di qualche anno fa la piazza della frazioncina di Bola è stata dedicata a Gerolamo Lazzeri, lì indicato semplicemente come “intellettuale antifascista”. 

Biografia

Annalisa Ferrari è nata e risiede in provincia di Lodi. ha iniziato a scrivere una decina di anni fa, seguendo le tracce archivistiche e umane di un certo Gerolamo Lazzeri, del quale ha raccontato la vita (stampata poi da un amico, Giuseppe Chiappini, lunigianese come Gerolamo). In seguito, ha continuato sul doppio binario del lavoro ufficiale (e appassionante) di insegnante nella scuola media, e quello di narratrice di storie nascoste. Quando non è occupata a scrivere, legge, fotografa, corregge compiti e cura le sue classi reali, quelle virtuali e alcuni blog più o meno utili.  ferralisa@gmail.com

 

Articolo Precedente

Una fotografia così lontana, così vicina

next
Articolo Successivo

Mei 2013, a Faenza il Festival delle etichette indipendenti. Tra musica e web

next