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Ordini professionali e sindacati: l’equazione degli sporcaccioni

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Mai sciopero fu più impopolare. Mi riferisco a quello unitario proclamato dai bancari per la disdetta del loro contratto da parte dell’Abi (l’associazione di cui Mussari fu Presidente…..). Chi può condividere le preoccupazione di una categoria (ex) iperprotetta che conta un reddito medio pro capite superiore ai 70 mila euro? Il punto è che siamo riusciti a rende impopolare, oltre che inutile, l’arma dello sciopero. Non per colpa dei bancari, per colpa di molti.

Sindacati, associazioni, ordini professionali avrebbero dovuto tutelare gli interessi dei loro iscritti. Non mi pare che l’abbiamo fatto molto negli ultimi trent’anni. Di sicuro hanno fatto un’altra cosa: hanno fatto i loro porci comodi (absit iniuria verbis), che vuol dire in parole più raffinate, che si sono disinteressati totalmente del fatto che le loro rivendicazioni potessero andare contro l’interesse generale e le hanno sostenute anche quando erano assimilabili a dei furti con scasso o al danneggiamento di beni di interesse nazionale.

Se si potesse fare un’equazione degli sporcaccioni, avremo che il valore di S è indirettamente proporzionale all’attenzione per l’interesse collettivo e direttamente proporzionale alla tutela dell’interesse materiale del gruppo (con alcuni variabili spurie, tipo gli interessi personali di carriera dei responsabili sindacali o di categoria).

Ovviamente non parlo solo degli operai e dei bancari. Penso ai dipendenti pubblici, ai tassisti, agli avvocati, ai giornalisti, ai notai, ai medici e, in particolar modo, ai più sporcaccioni di tutti, i politici di professione. Sindacati, associazioni e ordini professionali sono riconosciute dallo Stato in quanto svolgono un interesse pubblico. Non esistono per mettere al primo posto i bisogni dei loro associati. Servono per supplire allo Stato nel regolare la vita economica, con un controllo diretto e autonomo delle attività dei loro iscritti. Solo in cambio di questa funzione di pubblica utilità lo Stato conferisce loro un riconoscimento giuridico speciale. Gli ordini professionali e i sindacati non sono club da tirar fuori la tessera quando c’è da sedersi a tavola a mangiare, ma sono istituzioni che, tra l’altro, hanno il dovere di controllare su tutta una serie di requisiti indispensabili degli associati, quali la professionalità, la moralità, il rispetto delle leggi. Invece no, anche loro, soprattutto loro, applicano l’aureo principio italiano che «a casa mia faccio quello che voglio», compreso violare la leggi. Ogni scaraffone è bello a mamma sua.

Giustamente i bancari oggi protestano. L’evoluzione delle banche verso un sistema in cui le capacità professionali e l’autonomia personale non sono più – come era una volta – il fattore determinante dell’azione creditizia sul territorio, del rapporto con la clientela, rappresenta un grave passo indietro, non solo in termini di efficienza. Mi guardo bene dall’insegnare il mestiere a chi dirige le nostre banche, ma se guardiamo bene, negli ultimi dieci anni sono state fatte tutta una serie di riorganizzazioni interne degli istituti di credito che hanno la faccia di fai e disfa, del passo avanti e due indietro. Forse non sanno nemmeno loro dove vogliono andare.

Aggiungo che di sicuro non si possono sostituire i rapporti personali con la tecnologia in relazioni così delicate come quelle che comportano la gestione del denaro delle persone. Quindi siamo certamente dalla parte dei bancari, anche se sappiamo che con le leggi, i governi e i sindacati che abbiamo in Italia, la loro è una battaglia persa in partenza. In cauda venenum aggiungo che avrei voluto sentire la voce di qualche sindacato dei bancari quando tra le mansioni – ben retribuite – che si chiedevano ai dipendenti delle banche c’era anche quella esplicita di sfilare i soldi dalle tasche dei clienti, in particolare i più deboli. Allora invece silenzio, sicché credo si possa tranquillamente dire che i sindacati dei bancari a suo tempo sono stati complici in scelte aziendali che hanno fatto del male a molti italiani, oltre che rovinare la credibilità delle banche. Così – ovviamente – come non abbiamo sentito nessun ordine dei giornalisti, degli avvocati, dei notai che mai si sia impegnato per tenere alto il livello morale e professionale dei propri iscritti. Organizzazioni del genere in realtà sono le premesse per la loro stessa soppressione e non certo una perdita di libertà dei cittadini. Occhio!

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