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Il governo affronti il nodo della competitività del Paese

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Il Governo del ‘Non Fare’ inizialmente non mi era dispiaciuto. Sempre meglio del Governo del ‘Fare Danni’. La stessa cosa, per inciso, ha pensato Paul Krugman, notando che l’Olanda – il cui governo esemplare ha fatto con diligenza tutti i ‘compiti a casa’ prescritti dall’Europa – è entrata in crisi; e il Belgio – politicamente paralizzato dalle divisioni interne – se la sta cavando meglio assai.

Ma adesso la mancanza di una seppur vaga strategia macroeconomica – che vada oltre il mero: “speriamo che l’Europa si riprenda, e ci tiri fuori pure a noi” – comincia a pesare sulle prospettive italiane. Abbiamo azzerato il deficit commerciale riducendo del 9% del reddito nazionale, il che ha comportato un crollo delle importazioni. Ma non abbiamo recuperato quasi per nulla in competitività.

 

Fonte: Elaborazioni su dati REER-36 di Eurostat

Perciò – anche ne fossimo capaci – ‘non possiamo’ riprendere a crescere, pena l’apertura di una nuova voragine dei conti con l’estero, con tutto quel che ne segue – nel contesto europeo – in termini di instabilità.

In prospettiva, ci sono quattro possibilità: 

– Andiamo avanti a ‘crescita zero’ per dieci anni e più 

– Usciamo dall’Euro

– Convinciamo la Germania ad alzare i prezzi e i salari

– Riduciamo i nostri salari e prezzi

Servono a poco, invece, nel breve e medio termine, le riforme strutturali – whatever that means: esplicano i loro effetti troppo lentamente. Inoltre, inseguono un target mobile (che succede se anche gli altri fanno le riforme strutturali, se guadagnano competitività più in fretta di noi?) che potrebbe non essere mai raggiunto. Ciò detto, qualche liberalizzazione non guasterebbe.

In pratica, finché stiamo nell’euro, e finché non sappiamo indurre la Germania a più miti consigli, se vogliamo uscire da una condizione di depressione permanente, ci tocca deflazionare i prezzi e i salari. Ma una politica del genere adesso deprimerebbe vieppiù le vendite delle imprese e l’occupazione. (E aumenterebbe il valore reale dei debiti). Perciò occorre affiancarle una seconda manovra – compensativa – che, aumentando l’occupazione, mantenga la domanda di beni e servizi a livelli accettabili. Ma come farla? Io una idea l’ho offerta; darebbe anche delle buone carte per farsi rispettare in Europa (strategia 3) ed ottenere che l’onere del riassorbimento dei divari di competitività sia condiviso.

Insomma, se si vuole restare nell’Euro, e non si è capaci di presentare all’Europa una proposta coraggiosa di riforma complessiva dell’Eurozona, neanche in vista della Presidenza Italiana, almeno si avvii una modesta strategia domestica.

Io sono fra quelli che non credono ai ricatti di Berlusconi: senza il governo, può solo peggiorare la sua situazione; vedremo. Intanto, finché c’è, pur immerso in un clima da fine impero, il governo gode in Parlamento di una maggioranza bulgara. Il premier avrebbe l’occasione della vita per dimostrare di avere leadership, di saper guardare agli interessi del paese, incidere in una congiuntura economica drammatica. Invece di complottare contro la Costituzione, e progettare l’introduzione di un regime Peronista in Italia; invece di galleggiare, sperando di durare ‘altri due anni’: potrebbe per favore, finché c’è, delineare una qualche via d’uscita dalla crisi? 

 

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