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Senatori a vita, Renzo Piano invece di Andreotti

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Proviamo a cogliere segnali di un paese normale o addirittura mosso da lievi sussulti di decenza o cambiamento.

Sull’istituto dei senatori a vita si può discutere, in particolare sulla pratica delle nomine di matrice politica talvolta opinabili – facile chiedere perché ad esempio di un uomo discusso, seppur rilevante per la storia patria, come Giulio Andreotti, ma c’è chi ha “osato” pensare a “qualcuno” anche in questi giorni…–, ma esiste e può non essere inutile. Ad esempio nel momento in cui permette a personalità, provenienti da mondi diversi dalla politica, di farsi portatori di istanze specifiche e puntuali, normalmente non adeguatamente rappresentate in parlamento.

Inoltre tali figure costituiscono testimonianza dell’eccellenza del nostro paese, forniscono stimolo a raggiungere i massimi livelli nell’esercizio della professione, della ricerca, del pensiero.

Ciò è particolarmente rilevante quando – ed è sempre stato molto raro – i prescelti provengono da ambiti della cultura, della scienza, della filosofia e cosi via, come è avvenuto con le recenti nomine. Dal dopoguerra abbiamo avuto tre poeti, come Trilussa, Montale e Luzi; due direttori d’orchestra Toscanini (che rinunciò) e Abbado; un solo artista, lo scultore Canonica; alcuni scienziati, come Levi-Montalcini, Cattaneo e Rubbia; un filosofo, Bobbio; tre industriali (solo torinesi e Fiat, strano…)Valletta, Agnelli e Pinifarina; e pochi altri non politici.

Con Renzo Piano per la prima volta un architetto è stato scelto come senatore a vita.

Pare un buon segnale che identifica il ruolo della cultura del progetto come fattore rilevante dell’agire dentro la società, nei confronti delle persone e della sostenibilità complessiva del pianeta. Di queste attenzioni, oltre alla qualità architettonica riconosciuta a livello internazionale, è testimonianza il lavoro di Piano.

Piace pensare che allo stesso tempo sia un riconoscimento e uno stimolo per i progettisti ­– pianificatori, architetti, designer – a pensare diversamente il proprio ruolo, a cominciare dall’assunzione di responsabilità per il proprio agire.

A Piano in parlamento l’opportunità di raccontar bene e dare voce ad una professione, assieme tecnica e intellettuale, di decisiva potenzialità dentro la società: per il territorio, le città, la qualità dell’abitare o lavorare, delle cose che ci accompagnano nella vita quotidiana, per la salvaguardia di fronte ad un inquinamento globale, ambientale, uditivo, visivo e cosi via.

Al progetto di tutto questo contribuiscono anche gli architetti: si può fare bene o male.

Piano è testimone di progetti ben fatti. Tutti sappiamo quanto il nostro paese ne abbia bisogno.

 

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