Se mandate un messaggio di posta elettronica via Gmail sappiate che non c’è alcuna garanzia di riservatezza. Perché “una persona non ha alcuna aspettativa legittima di privacy sulle informazione che volontariamente affida a terze parti”. I circa 400 milioni di utenti in tutto il mondo che usano il servizio email, insomma, non possono pretendere la protezione dei loro dati. L’affermazione viene dai legali della stessa Mountain View ed è contenuta in una memoria depositata presso una corte federale Usa, in risposta a una class action, e pubblicata sul sito web di Consumer Watchdog.

Il testo trapelato sta scatenando in rete un nuovo dibattito sul tema della riservatezza, proprio a ridosso dello scandalo del datagate e delle rivelazioni di Snowden. Si tratta di un documento depositato lo scorso mese da Google in risposta a una causa collettiva – l’udienza è fissata al 5 settembre prossimo presso la corte californiana di San Jose – che accusa il colosso web di violare la legge sulle intercettazioni quando ‘scansiona’ le e-mail degli utenti per fornire loro pubblicità personalizzata. Nella memoria dei legali di Google si legge che coloro che decidono di “girare le proprie informazioni a terze parti”, come i servizi online di posta elettronica, non dovrebbero aspettarsi che tali informazioni rimangano private.

“Così come chi invia una lettera a un collega non può sorprendersi che l’assistente del destinatario apra la missiva – si legge – così chi usa servizi web di posta elettronica non può stupirsi se le proprie comunicazioni sono processate dal fornitore del servizio durante la consegna”. Google aggiunge che limitare il campo d’azione del fornitore del servizio di posta elettronica sulle e-mail vorrebbe dire anche “criminalizzare” funzioni come i filtri allo spam, la posta ‘spazzatura’ o indesiderata, o la possibilità per l’utente di effettuare ricerche fra i messaggi inviati e ricevuti.

La memoria legale di Mountain View spiega inoltre che Google ‘scansiona’ sì le mail, ma con processi automatizzati, senza alcun occhio umano. In più la difesa cita i termini d’uso e la policy sulla privacy che gli utenti di Gmail sottoscrivono e nei quali si delineano i processi di scansione della posta elettronica. Non è la prima volta che Google finisce ‘nei guaì per questioni riguardanti la privacy. Nel 2011 l’azienda ha raggiunto un accordo con la Federal Trade Commission dopo essere stata accusata di aver adottato pratiche “ingannevoli” sulla privacy durante il lancio di Buzz nel 2010 (servizio di social network stile Facebook poi confluito nell’attuale Google+). Google è anche fra le compagnie citate nello scandalo del datagate per aver dato presunto “accesso diretto ai suoi sistemi” e ai dati degli utenti alla Nsa, l’agenzia per la sicurezza nazionale americana.

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