Tra i molti misteri degli anni Ottanta, c’era quello di vedere Jerry Calà nella parte del gran figo. Le donne, misteriosamente, impazzivano per lui. A tale quesito, poco esistenziale ma trasversalmente condiviso, risponde il 62enne protagonista con lo spettacolo Non sono bello…piaccio .

Un altro mistero è forse capire perché 2.500 persone a sera ridano con l’altro suo show, Sapore di mare. Ogni mercoledì alla Capannina, Forte dei Marmi. Luglio e agosto. Da 17 anni. Ricordi e aneddotica di un’estate eterna che affascina ancora 15-35enni. Le “doppie libidini” resistono. “Un fenomeno sociologico che andrebbe studiato. I ragazzi trovano nei nostri film quello che oggi non c’è. Si affezionano alla mia epoca e fantasticano”.   

Quale epoca?   

I mitici Sessanta e Ottanta: “Quando ci batteva il cuore”, come dice Virna Lisi in Sapore di mare. I giovani di oggi nascono in un’epoca confezionata. Noi no.   

Gli Ottanta, di “mitico”, avevano pochissimo.   

Li stanno rivalutando tutti. Nel bene e nel male c’era tanto fermento. La gente faceva due lavori, si ingegnava: desiderava emergere.   

Un decennio edonistico, kitsch, disimpegnato.   

Non solo. I tanto detestati yuppies, quelli che avevano Gianni Agnelli come mito, non aspettavano che il mondo decidesse per loro. Se questo decennio avesse metà dell’entusiasmo che avevamo noi, non vivremmo i problemi che abbiamo.   

Capannina, Bussola: i luoghi del-l’estate da ricchi. Lei c’è ancora.   

La Capannina ha un pubblico più giovane di prima. Si avvicinano a me come allo zio un po’ trasgressivo, che gli insegna cosa fare con le donne. È così anche in Sardegna. Il 2 agosto apro il mio locale, “La vita smeralda”. È frequentato da famiglie tradizionali, per sfatare il luogo comune della Costa Smeralda invasa solo da ricconi cafoni e puzzoni.   

Il mondo che ha raccontato lei sette anni fa in “Vita smeralda”.   

Un film sottovalutato, ho raccontato la Costa Smeralda prima degli scandali: tre ragazze ingenue si avvicinano al mondo dei vip e ne restano deluse.   

C’erano anche Flavio Briatore e Lele Mora.   

Briatore mi prestò il Billionaire per le riprese. È stato molto gentile, anche se non ha capito la critica al suo mondo che c’era nel film. Lele si è sempre comportato bene con me. Cosa poi facesse con altri non lo so. Di sicuro non ha fatto tutto da solo. Mi lasci però dire una cosa.   

Prego.   

Basta con la demonizzazione del lusso. Il populismo dilagante dimentica che, per costruire le Maserati e le Ferrari, gli yacht e le Porsche, servono migliaia di operai. Se chiudi quel rubinetto, la gente resta senza lavoro.   

Vita Smeralda, Pipì Room: li hanno visti in pochi.   

Ho sbagliato ad abbandonare i Vanzina quando stava nascendo la coppia Boldi-De Sica. Dopo i dieci anni con i Gatti di Vicolo Miracoli, non volevo legarmi a un altro gruppo. Però i miei film hanno incassato benino, nonostante le poche copie.

Tutta colpa della distribuzione.   

L’altra sera a San Mauro a Mare c’erano più di 8 mila persone: un motivo ci sarà, no? Negli anni sono diventato un bravo attore. Però i Veronesi, i Brizzi e i Virzì non mi chiamano: “Chi? Calà? Naaaaaa.   

Forse perché, con Boldi, Greggio e Smaila, è uno dei pochi berlusconiani dichiarati.   

Pago il non essere ‘de sinistra’? Sarebbe triste. Berlusconi l’ho conosciuto con la nascita della tivù privata, ci credevamo solo noi Gatti e Mike Bongiorno. È un genio che ha dato input a tivù e cinema. In politica non so, ma a qualche evento elettorale ho partecipato. Con piacere.   

È ancora berlusconiano?   

Sono un po’ di sinistra e un po’ di destra, come questo governo. Grillino proprio no, non sopporto i populismi. Mi piace Renzi: se la sinistra avesse scelto lui, non avremmo vissuto quel teatrino ridicolo dopo il voto.   

Nel 2002 ha lavorato con Mario Monicelli.   

Per l’adattamento di Amici miei a teatro. Venti giorni splendidi. Gli chiedevi di La grande guerra e ne parlava come fosse una cosetta. Si esaltava solo quando parlava delle cene, di Tognazzi a tavola, degli scherzi. Ci disse che non poteva essere regista a teatro, perché lui sapeva muovere la macchina da presa ma non gli attori. La sua umiltà mi colpì: i grandi sanno unire genio e semplicità. Io purtroppo sono solo semplice.   

E Marco Ferreri? Ci ha lavorato  in Diario di un vizio, 1993. La sua prova migliore.   

Diceva durante le riprese: “Vedi , se io per sbaglio faccio passare un nano dietro di te, la critica ci scrive tre libri e si scervella: ‘Perché c’è quel nano? Che significato avrà?’ Si fanno le pippe sulle cazzate”. La penso come lui: quelli che si fanno le pippe non sono mai dei geni.   

Dopo Ferreri, girò Abbronzatissimi 2. Alto e soprattutto basso.   

C’entra ancora Ferreri. Gli chiesi: “Maestro, ma io adesso cosa devo fare? Aspettare che mi chiamino solo quelli bravi come lei?” Lui, col suo milanese romanizzato, mi rispose: “Se non accetti quel film, su quel set ti ci mando io a calci nel culo. L’attore è una puttana.   

Negli Ottanta c’era la comicità di qualità: Verdone, Troisi, Nuti, Benigni. E poi c’era lei.   

Una critica superata. Vacanze di Natale è un gioiellino. Non era volgare il film, ma la realtà. Vanzina mi mandò a Milano per studiare tre yuppies. Così entravo nella parte. Quando lessi il copione, consigliai di cambiarlo: troppo garbato. Gli yuppies erano fusi davvero.   

Avete aperto la strada ai cinepanettoni.   

Lì la volgarità è meno giustificata. Se però quei film hanno successo, significa che milioni di italiani vogliono ridere guardando e ascoltando stronzate. Si può? Sì. È un reato? No.

 

il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2013

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