Accampati davanti al Comune senza un posto dove andare. Dopo lo sgombero del Ferrhotel, struttura nei pressi della stazione ferroviaria di Piacenza dove sono stati ospitati per due anni un centinaio di rifugiati arrivati a seguito delle rivolte del Nord Africa, trenta di loro si trovano in mezzo a una strada. La questione profughi a Piacenza imbarazza le istituzioni locali oggi più che in passato, quando i numeri erano ben maggiori.

“Siamo disperati. In questi anni le istituzioni e gli operatori hanno preso i soldi per la nostra formazione e l’avviamento al lavoro ma non è stato fatto nulla”, racconta uno dei profughi. La città che ha ospitato l’Adunata nazionale degli alpini, trovando posto per oltre 400 mila persone, da 48 ore non riesce ad aiutare a una trentina di stranieri che non hanno un tetto. 

Lunedì 1 luglio lo sgombero da parte delle forze dell’ordine, dopo l’accertamento dei vigili del fuoco e dell’Asl locale che hanno definito la struttura inagibile (erano stati staccati luce e gas da quattro mesi). In un primo momento era arrivata la proposta di Rifondazione comunista, nel primo pomeriggio, di poterli ospitare per qualche notte, in seguito l’annuncio e la smentita da parte dell’assessore provinciale Pier Paolo Gallini: “Alcuni di loro potranno entrare nel programma Sprar per i rifugiati, per gli altri la Caritas metterà a disposizione un appartamento”. Dichiarazione subito smentita dal direttore della Caritas, Giuseppe Chiodaroli: “Dall’inizio ci siamo fatti carico dei profughi che la protezione civile ci aveva affidato ma ora non possiamo più ospitarne altri. Non abbiamo posti letto“.

Così la situazione è degenerata e circa 30 profughi dormono da due notti in tenda sotto al Comune per lanciare un messaggio a tutta la cittadinanza: “E’ vero che siamo stati aiutati – ha raccontato uno degli accampati – però non c’è stata programmazione. A molti di noi non è stato insegnato l’italiano, come promesso e quando cerchiamo lavoro il nostro curriculum viene stracciato in partenza”.

Mercoledì, giornata di mercato a Piacenza, il gesto provocatorio dell’accampamento davanti a palazzo Mercanti sembra aver sortito l’effetto sperato. Sono state molte, infatti, le persone che si sono fermate per interessarsi della questione, chiedendosi come, nonostante tutto, il Comune non riesca a risolvere una questione così circoscritta. Anche perché gli stranieri sono decisi a tenere duro: “Da qui non andiamo via fino a quando il sindaco non avrà trovato una soluzione”.

Soluzione che il sindaco non ha trovato, come ha confermato in conferenza stampa in tarda mattinata: “Come sempre tutto passa per l’imbuto delle amministrazioni locali – ha detto uno sconsolato primo cittadino Paolo Dosi, “non vogliono sentire ragioni pretendono una soluzione immediata per tutti ma non è possibile. Noi possiamo occuparci, al momento, soltanto di quei dieci aventi diritto che rientrano nel progetto Sprar. Potremmo ospitarli nel centro di accoglienza di Le Mose ma per gli altri ‘infiltrati’ – cioè coloro che non vantano lo status di rifugiato, i tempi si allungano”. Ora, per il primo cittadino, la questione diventa di sicurezza pubblica: “Abbiamo chiesto ai presidianti di poter iniziare dei colloqui individuali mirati a trovare una soluzione caso per caso ma ci stato negato. Per noi e a questo punto materialmente è impossibile trovare una soluzione per tutto il gruppo. L’emergenza sociale ora apre il varco a un problema di ordine pubblico”.

Smentita l’ipotesi di sgombero forzato in giornata, il sindaco ha infine richiamato all’ordine Rifondazione comunista per i cartelloni e le scritte apparse sotto il Comune. “Qualsiasi forzatura in questo momento rischia di andare in direzione contraria all’aiuto di queste persone”. Piccata la risposta del consigliere comunale Carlo Pallavicini di Rifondazione, che ha chiamato in supporto a presidiare palazzo Mercanti anche i giovani del Nap (Network Antagonista piacentino): “E’ paradossale, viene chiamata in causa la responsabilità politica dell’amministrazione comunale. In tutti gli altri paesi, anche in Grecia, i profughi non sono in mezzo a una strada. E’ un fardello generato dal governo ma ora bisogna fare qualcosa”.

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